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Il ritorno di Star Trek

Written by  15 May 2009
Published in Cinema
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Debora Montanari recensisce il film di J.J. Abrams che aggiorna una delle saghe più amate della fantascienza space-opera. Un franchise che vanta una fan-base fra le più fedeli e incrollabili, animatrice di festival e celebrazioni. Un film che tiene conto sia della classica serie tv sia dei precedenti film per il grande schermo.



Lampi cianotici su un orizzonte degli eventi, metallo buio che sfocia da un buco nero e poi tutto diviene fuoco. Musica incandescente che lancia in una danza all’ultimo sangue navi stellari ed eroi guerrieri e proprio come in un crescendo di musica, la battaglia si anima muovendosi con una coreografia di attacco e difesa, scintillando sotto gli improvvisi flash che cadono come saette e si lanciano come meteore. Musica classica che risuona di urla, note scritte con lacrime e sangue e tra queste note solo una pausa: un lampo di silenzio guardato dallo spazio, un momento di caos ascoltato nel vuoto.

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Questa ouverture è “Star Trek”, quella pausa è J.J. Abrams e tutto quello che avete visto sino ad ora…è solo l’inizio.
L’inizio di tutto.


L’inizio di una avventura che ha saputo superare le barriere del tempo, di personaggi che non hanno mai abbandonato il nostro immaginario, di una tecnologia che è entrata nella storia della fantascienza e di una astronave che diventa mito nel momento in cui trova il suo equipaggio.
Dopo l’esplosiva danza nello spazio, J.J. Abrams ci teletrasporta sulla Terra, dal buio alla luce del Sole, dalle astronavi a un’auto d’epoca, dalla musica classica al rock, tanto per chiarire che chi sta ballando a tutto gas dentro quell’auto è un personaggio parecchio alternativo. È così che incontriamo James Tiberius Kirk: oltre i limiti, sull’orlo di un precipizio.


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Anche Spok lo conosciamo in un momento in cui supera i limiti, in cui le sue emozioni corrono oltre il consentito.
In un alternarsi di momenti, il racconto si sposta in avanti sulla linea temporale permettendoci di scoprire, senza troppe parentesi, il carattere ribelle e sfrontato di Jim Kirk, la sua forza, le sue debolezze, e le due nature di Spok, quella vulcaniana e quella terrestre, che vivono il loro continuo conflitto dietro una impettita impassibilità, e tra le righe di una intelligenza così logica da essere quasi asettica. E da questo momento il girotondo di personaggi e di eventi aumenta i giri trasportandoci in una avventura spettacolare.


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J.J. Abrams racconta con uno svolgimento quasi da romanzo, riuscendo a mescolare in modo omogeneo e compatto i personaggi alla storia, dando vita a scontri caratteriali e a battaglie stellari senza mai spezzare i ritmi ma, al contrario, concedendo allo svolgimento della trama un tono forte, d’impatto, che trova il suo perno sui personaggi e non sugli eventi che vivono. In questo “Star Trek”, la storia è al servizio dei personaggi, ne è quasi schiava ed è proprio questo che rende il film diverso, più energico di quanto ci si potesse mai aspettare, perché ci si rende conto che le situazioni sono determinate dal carattere dei protagonisti in campo: è come se la sceneggiatura si scrivesse mentre si guarda il film, come se fossero i comportamenti e le parole dei personaggi a definirla e non viceversa.

Questo è il punto di forza, è il lavoro d’intelligenza degli sceneggiatori Roberto Orci e Alex Kurtzman e del regista J.J. Abrams, che conoscevano i rischi a cui andavano incontro quando hanno scelto di portare sul grande schermo, dopo anni di assenza, “Star Trek”: dovevano rimanere fedeli a ciò che “Star Trek” continua a essere per tutti i suoi cultori - che sono molto più di semplici fans - e per farlo dovevano concentrarsi sui protagonisti, l’equipaggio dell’Enterprise NCC 1701.


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L’impressionante somiglianza dei giovani attori con gli attori originali è stato il punto di partenza: nuove facce che alla fine sono vecchie facce, perché i personaggi li riconoscete a prima vista, e questo è formidabile, come è formidabile la fedeltà di caratterizzazione sia da parte degli attori che degli sceneggiatori. Non c’è ombra di dubbio che ci sia stato uno studio approfondito della serie televisiva e non c’è dubbio che tutto ciò che J.J. Abrams voleva era di farci ritrovare il mondo di “Star Trek”, non di impressionarci sfoderando genialità registiche e spettacolarità da effetti speciali.

Ma credo che dietro ci sia stato anche lo studio della saga cinematografica, del primo film in particolare “Star Trek: The Motion Picture” (1979), le atmosfere, la fotografia, a volte persino la musica, lo richiamano quasi inconsciamente. Anche gli altri film vengono omaggiati, ma sempre in modo discreto, quasi a voler dichiarare che questo “Star Trek” è anche destinato a chi non conosce “Star Trek”. C’è sapienza da parte di Abrams, e una grande autorità nel gestire questa sapienza e questo si percepisce. Allo spettatore viene trasmessa sicurezza, nella composizione della trama, nella gestione dei dialoghi, nella bravura degli attori, nella visione del regista; una visione d’insieme che non si perde in balbettamenti, Abrams sa cosa vuole dire e lo dice, è impossibile per noi evitare di ascoltare. Impossibile non farsi coinvolgere, il film ci carica di entusiasmo, è energia allo stato puro: energia magnetica. {mosimage}


Non posso fare a meno di pensare al lavoro di Sam Raimi su “Spiderman”, perché quello che ha fatto J.J. Abrams è molto simile: le persone prima di ogni cosa, le loro emozioni, i loro valori, la loro essenza, perché sono le persone a fare la storia, come accade nella realtà così è anche nella finzione; sono le emozioni di queste persone a creare l’atmosfera non la trama né, tanto meno, gli effetti speciali.


Il roboante inizio, che ho descritto in apertura, è stato creato in un perfetto equilibrio di spettacolarità ed emozione, in un alternarsi di questi ingredienti che lega allo schermo non solo l’occhio ma anche il cuore. Il film non taglia mai questi due legami, porta i nostri occhi e il nostro cuore da una parte all’altra dell’Universo senza mai perderci, scatenando emozioni ed entusiasmo, incantandoci, affascinandoci fino a farci innamorare.


Uscire dal cinema e sapere di avere ritrovato un mito; uscire e sperare anzi credere, con logica quasi vulcaniana, di tornare insieme a Kirk, Spok, McCoy, Uhura, Scotty, Chekov, Sulu, sull’Enterprise, per esplorare con loro nuovi e strani mondi, che cosa è se non…amore?


Debora Montanari



Last modified on Thursday, 28 May 2009 10:50
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