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Ritual - storia psicomagica all'ombra di Jodo

Written by  07 May 2014
Published in Cinema
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Tra psicanalisi, onirismo e gotico rurale, un’originale opera prima, con un cameo dell’Alejandro, magistralmente girata e che meriterebbe più attenzione di quanto la distribuzione italiana oggi consenta.

 


 

“Se sotterriamo qualcosa, dobbiamo piantare qualcosa”
(A. Jodorowsky, Psicomagia)

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Lia (Désirée Giorgetti, nelle foto qui ai lati) è una giovane psicologicamente fragile che vive un rapporto passionale ma tendente all’annullamento nelle mani di Viktor (Ivan Franek, accanto a lei nelle foto), uomo d’affari praghese dominatore e narcisista. Questo equilibrio, già malato (Lia è in psicanalisi e vediamo un flashback psicanalitico della sua scoperta della femminilità a 9 anni che cita Valerie And Her Week Of Wonders) va in pezzi quando Lia rimane incinta e lui la convince ad abortire un bambino che invece la ragazza avrebbe voluto. Così spingendola verso una crescente depressione che culmina in un tentato suicidio, dopo il quale Lia decide finalmente di lasciare il minaccioso Viktor e recarsi dalla zia Agata, guaritrice affettuosa e un po’ stregonesca, molto materna con la giovane.

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Ad Agata (Anna Bonasso), infatti, in quell’imprecisato paesino veneto tutti la conoscono e a lei si rivolgono (molti dialoghi in dialetto locale, sottotitolati) per risolvere problemi di cuore, personali o incubi familiari. Lei ha assorbito la tecnica della psicomagia dal marito defunto cileno Fernando (Jodorowsky stesso, in un breve cameo onirico, sotto a sinistra), con cui appunto parla nel sonno.
E tutto il luogo intorno alla solare guaritrice profuma di magia: Lia dialoga con i gentili i “salvanéi”, una coppia di simpatici spiritelli silvani in forma di bambini scalzi biancovestiti, di notte vede e ode cantare l’Anguana, una sorta di ninfa delle acque del folklore friulano (interpretata dalla cantautrice Patrizia Laquidara, impegnata anche nella colonna sonora del film), che teme come trafugatrice del proprio bambino morto.

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Agata tenta di proteggere Lia – che ormai distingue sempre meno la realtà dai propri incubi – dal nefasto influsso di Viktor, il quale frattanto l’ha trovata, ha ripreso la sua relazione con lei e vuole sottrarla alla “zia pazza” per riguadagnarne il pieno controllo.

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Ma Agata riesce ad allontanarlo e decide di mettere in pratica prima che sia tardi un atto psicomagico jodorowskiano per ricostruirne l’anima spezzata. Cos’è un “atto psicomagico”? secondo la definizione data dal Maestro nel suo saggio omonimo (Psicomagia, ed. Univ. Econ. Feltrinelli), “un atto simbolico che può essere proposto a una persona per risolvere problemi, applicando in modo non superstizioso le tecniche della magia”.

Nel film, il rituale – come da insegnamenti del Maestro – comporta mettere il paziente di fronte alla sua paura: essendo Lia depressa per l’aborto, l’atto psicomagico consiste dunque in una sorta di parto simulato, per toglierle dal grembo uno strano globo scuro, evidente “somatizzazione” del trauma della maternità strappata (che non riesce a non ricordarci le psico-escrescenze del cronenberghiano The Brood). Ma Viktor non si rassegna ad essere escluso, torna alla casa in campagna e… senza dirvi come e di chi, ma… scorrerà del sangue.

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Il film scritto, diretto e prodotto (come Esperimentocinema) da Giulia Brazzale e Luca Immesi (esordienti nel lungometraggio), è dichiaratamente ispirato a La Danza della Realtà del maestro Jodo (che purtroppo non abbiamo ancora potuto vedere, ma sarà proiettato il 30 maggio al cinema Beltrade di Milano).

Narrativamente è abbastanza nettamente diviso in due parti: la prima, urbana e assai post-modern nella messinscena, è raggelata in una fotografia preziosa, alle soglie dell’estetismo e prossima alla video art già praticata dai due registi. La seconda parte, ambientata nella villa nella campagna veneta della zia Agata, declina il mood con una fotografia sempre molto arty ma su cromatismi più caldi e sviluppa in un proprio modo originale il concetto di gotico rurale di Pupi Avati (ahinoi così negletto dal cinema italiano dopo di lui), attraverso le presenze eteriche di cui s’è detto sopra, che appaiono e parlano con la protagonista, e la crescente fusione di realtà, psicologia e magia.

Se l’ispirazione viene dal cinema di Jodorowsky, direi che la fonte è più quella cupa di Santa Sangre che quella mistico trascendentale della Montagna Sacra, almeno a livello di atmosfere. Ma gli autori stessi dicono di un riferimento anche al thriller psicologico psicologico di Polanski (supervisiona la sceneggiatura Jeff Gross, sceneggiatore di Luna di Fiele, ma io ci vedo sicuramente anche più di un’ombra di Repulsion).

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Nell’autentico spirito jodorowskyano, Ritual come avrete capito non è una storia interamente chiara e logicamente narrata: richiede uno sforzo interpretativo personale da parte dello spettatore per dare senso ad alcune situazioni oniriche evocative ma non razionali. Personalmente, lo faccio attraverso il concetto di “forma-pensiero”, che traggo da “Un brivido sulla schiena del Drago” di Danilo Arona (qui sopra a destra la cover della recente riedizione del suo primo romanzo dell’86, dna dei temi che poi tutta la sua narrativa sviluppa fino ad oggi): se l’uomo pensa intensamente una cosa, può in qualche modo darle forma concreta nella realtà, in pratica modificare la realtà attraverso il pensiero. Questa è la definizione che, non essendo un esperto di psicomagia, io riesco a darne.

Si diceva di una fotografia preziosa, a dispetto di una produzione indipendente: infatti i due giovani registi hanno avuto la possibilità di girare con una camera Red Epic 5K (per intenderci, la stessa tecnologia di Prometheus di Ridley Scott!). E il risultato si vede: il film non soffre certo di quella povertà visiva che generalmente affligge i film low cost nostrani, come dimostra il fatto che, dopo la presentazione a Venezia, è già stato acquistato per la distribuzione in diversi mercati esteri. Mentre, manco a dirlo, è passato quasi un anno prima che la coraggiosa Mariposa riuscisse a farlo uscire (dall’8 maggio) in… solo cinque sale italiane, per ora!

Già, questo è il problema (per esempio, nessuna sala per ora è prevista a Milano e dintorni): ci si lamenta della decadenza del cinema italiano, ma un esercente programma per un mese un film di Zalone, mentre un’opera più originale e ardita, di quelle che ci si lamenta da noi non nascano più, se faticosamente vede la luce, poi non trova schermi su cui esser proiettata. O li trova se il distributore è disposto a pagare l’esercente per proiettare il film (sapevate dell’esistenza di questa nobile prassi? Beh, “sapevatelo”!)

Quindi, se ne avrete possibilità, non fatevi sfuggire l’originale mix di psicanalisi, onirismo, eros e horror interpretato dalla nuova “scream queen” Desirée Giorgetti (scoperta in teatro ma già reduce dal truce indie horror Morituris): potreste essere tra i pochi fortunati, mentre gli altri cinefili dovranno attendere festival, home video o… psicomagia.


Mario G

P.S.: di seguito riportiamo le sale che proiettano il film dall'8 maggio, in attesa di scoprire dove usciranno le ulteriori 10 copie del film che presto andranno in distribuzione.

Lazio
Cinema Barberini – Roma
Data unica giovedì 8 maggio: www.cinemadiroma.it/programmazione-multisala-barberini

Cinema Lux – Roma
In programmazione da giovedì 8 maggio: www.cinemadiroma.it/programmazione-multisala-lux

Cinema Filmstudio – Roma
Data unica lunedì 12 maggio: www.filmstudioroma.com/

Umbria
Cinema Zenith – Perugia
In programmazione da giovedì 8 maggio: www.cinemazenith.it

Veneto
Monosala Araceli – Vicenza
In programmazione da giovedì 15 maggio: www.araceli.it/cinema

Toscana
Cineteatro Alfieri – Firenze
In programmazione da giovedì 22 maggio: www.spazioalfieri.it

Last modified on Thursday, 08 May 2014 16:32
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