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Echeggia un Funeral Jazz dalla Macelleria Mobile di Mezzanotte

Written by  20 Apr 2015
Published in Musica
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L’ultimo album della band electro romana ricorda i Clock Dva di Advantage avvolgendoci nelle spire di fumo del noir più stilizzato e dannato alla Sin City: Eros & Thanatos come nel fumeto Erinni.

“…You don’t even know I’m here /Watching your every move / like some detective in a cheap paper back novel / Time fades, the darkness grows / The night becomes even stiller…”
(Clock Dva, Dark Encounter)
“Credevo di sapere come saresti morta”
(MMM, 1000 Sigarette e un omicidio)

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Le loro radici sono nel cosiddetto harsh noise e nella power electronics, in seguito abbandonate per quella che loro stessi definiscono “ambient oscura e cinematica”. Ma Funeral Jazz, ottavo disco in studio del combo capitolino (in vendita dall'11 maggio per Subsound), appartiene alla terza fase, quella che sempre la band definisce “dark doom jazz”, già riferendosi al precedente Black Lake Confidence: pregevole vinile bianco del 2013 in nerissima cover con cadavere steso di scorcio sulla riva di un lago appunto (foto qui sopra a destra).

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Una copertina che – come del resto quella dell’attuale Funeral Jazz riprodotta in apertura (e il relativo, inequivocabile titolo) – ci proietta immediatamente nelle coordinate stilistiche di riferimento: foto di cronaca nera tipo primo Naked City o Black Dahlia (libro, film, tutto quel che volete), peraltro già omaggiata in un altro titolo della loro discografia (vedi cover a sinistra), vicoli uggiosi di notte (il Barry Adamson di Moss Side Story), donne fatali, passioni impossibili e letali…

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Insomma, il puro Eros + Thanatos nella declinazione del noir cinematografico degli anni ‘40/’50 (nonostante il nome del gruppo, Macelleria Mobile di Mezzanotte, provenga da un racconto fanta horror di Clive Barker, a sua volta divenuto fumetto e poi film, col titolo di Midnight Meat Train/Prossima Fermata l’Inferno, vedi poster a destra).

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Già perché – come ben ci spiega Silvio Raffo nel suo saggio Lo Schermo Oscuro (che mi capitò di presentare con l’autore alla Libreria dello Spettacolo tempo fa, vedi poster qui a sinistra) – il noir è un feeling tipicamente in bianco e nero, come le pellicole degli anni ’40 e ’50 appunto, che ne hanno consacrato le atmosfere e che, secondo il critico, arrivano all’incirca al 1958 dell’Infernale Quinlan di Welles.

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Dopo di che, dice Raffo, sarebbe solo citazione manieristica fino a Lynch (al cui fedele Badalamenti i MMM affermano d’abbeverarsi), Tarantino e Sin City.

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Che siate d’accordo con lui oppure – come me – riteniate che un certo mood si rigenera nel tempo, anche nelle immagini a colori di molti film successivi, certo è che la potenza di quell’immaginario rétro è indiscussa, dato che la troviamo citata nel cappello “da jazzista” del cantante Adriano Vincenti (a sinistra), come negli abiti che indossano i personaggi del succitato Sin City (fumetto e film) nelle loro torbide notti situate in un indefinibile non-tempo mitologico e… nelle immagini riprodotte sul retro copertina di quello che è probabilmente il vero punto di riferimento musicale dei MMM: Advantage dei Clock Dva (vedi la sequenza di immagini sul retro copertina dell’album qui sotto a destra).

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Eh, sì: il vocal gorgogliato di Adriano (che alterna coraggiosamente l’italiano all’inglese che ci si aspetterebbe più spesso in questo genere) fino alle soglie dello scat (Benzedrine Black Byrd BeBop), le struggenti atmosfere disegnate (sempre in b/n!) dal sax di Pierluigi Ferro, sulle vellutate basi di uno swing post apocalittico ad alto tasso di elettronica macinate da Lorenzo Macinanti, Riccardo Chiaretti (ma tutti e quattro i componenti contribuiscono al soundscape complessivo), non possono non rimandare al capolavoro dell’83 di Adi Newton & co. O meglio, per essere più precisi, dovremmo dire a un incrocio fra le atmosfere noir jazz che dopo Advantage purtroppo non avremmo più risentito dagli Orologi Deviati e l’elettronica sempre più gelida che la band di Sheffield avrebbe abbracciato dal successivo Buried Dreams (l’apertura de Il Buio Adesso ne cita apertamente il tema) in avanti.

Nove tracce, su cui svetta l’eponima Funeral Jazz (ma il mood è compatto e costante, se lo risento cambio subito idea), galleggiano come corpi sulle acque di un lago nero, spandendo macchie di sangue citazioni di Scerbanenco (“Traditori di tutti”, in Boogie Woogie Traditore), di Ellroy (Dalia, l’ultimo addio), omaggi a… Charlie Parker (la già citata Black Byrd BeBop?).

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Va riconosciuto ai MMM l’onore d’essersi impegnati in un genere che non ha mai regalato successi plateali a nessuno (a parte i Morphine, che prima della morte inattesa di Mark Sandman qualche riscontro cominciavano ad averlo, quanti conoscono gli Oxbow, i Toledo o i Valentine Six che hanno svenato gli stessi blues sulle stesse strade notturne?). E di rigirarsi fra le mani, nel loro torbido night club, la materia per un capolavoro assoluto.

È lì, a un passo da loro, se ne sentono i passi avvicinarsi, come quelli del killer nella citazione iniziale. E cosa manca per dire d’averlo in pugno? Davvero poco: forse – lasciata alle spalle l’elettronica industriale estrema – solo osare spingersi ancora un passo più in là e comporre qualche canzone davvero cantata e non solo “narrata” come la voce fuori campo di un Marlowe, un Deckard (pardon, Dwight Holly!) a spasso sull’asfalto lucido.
In fondo Advantage ormai ha 35 anni sulle spalle, l’industrial è già stata inventata da mo’. Nessuno punterà la pistola al cuore dei Macellai di Mezzanotte se oggi osassero far affiorare una melodia fra i loro soundscape assassini…

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E, mentre loro meditano sulle mie inutili elucubrazioni, voi sentiteli in sottofondo mentre vi (ri)leggete Erinni, il graphic novel del ’95 rimandato di recente in edicola da Cosmo in due parti (qui a la cover della seconda).

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Un tuffo italiano come i MMM nel mondo alla Sin City (all’epoca appena uscito negli USA), ma con in più sfrontate dosi di sesso trasgressivo: snuff, pervertiti e lesbiche, accanto alle citazioni eschilee e ad una valanga di omaggi al mondo della musica, dai Talking Heads (Heaven) agli Stones (You can't Always get what you want), da Donald Fagen a Sonny Rollins, dai Roxy Music ai Kirlian Camera fino a Peter Gabriel (Digging in the dirt).

È “musica per baci e pistole”. Godetevela nella giusta atmosfera.


Mario G

Last modified on Tuesday, 21 April 2015 09:46
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