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Metallo Urlante al Palasharp

Written by  18 Mar 2009
Published in Musica
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La Priest Feast a Milano: Testament, Megadeth e Judas Priest, il "teatro dell'eccesso" e le rigorose geometrie sceniche del metal. Riflessioni di Mario G e Claudia Ferrari del CUT di Bergamo.
QUI l'intervista audio di Debora a Mario in onda su CiaoRadio.

"Così i motori e le macchine delle nostre città industriali potranno un giorno essere sapientemente intonati, in modo da fare di ogni officina
un'inebriante orchestra di rumori".
(Luigi Russolo, da "L'Arte dei rumori",1913)


Del minifestival metallico Priest Feast (Testament, che purtroppo abbiamo perso per motivi di orario, Megadeth e Judas Priest), esploso sul palco milanese del Palasharp martedì 10 marzo scorso, ascoltate direttamente QUI la chiacchierata con Debora Montanari, la metal-girl di CiaoRadio (dove vedete l'apertura del pezzo in home page).

Ma un concerto heavy metal, IL concerto metal in generale, potremmo dire, non è solo chitarre, urla e fan esaltati che alzano mani “a corna” agitando le frange delle loro giacche di pelle ed esibendo tatuaggi tribali: è tutto questo insieme e di più, è la celebrazione di un rito pagano moderno, in cui la corrente palco-platea esonda il senso stesso della musica tout court.


È l’energia primordiale del rock – da Chuck Berry agli Stones, dai Led Zeppelin a Marilyn Manson – che si rigenera ognivoltasempreugualesemprenuova dalle proprie ceneri cementando performer e audience in un unico “popolo rock”, come pochi altri generi hanno saputo fare nella storia della musica giovane con tale intensità, successo, tenuta nel tempo.


Forse la miscela sarebbe piaciuta ai Futuristi più degli esperimenti del loro guru musicale Luigi Russolo, che non disponeva ancora di chitarre distorte e muri di amplificatori Marshall per riversare sul pubblico del “teatro passatista” l’orgia dei rumori della metropoli elettrica che allora nasceva.
Noi l’abbiamo pensata così – e da qui la citazione di Russolo che avete letto in apertura, che la dice lunga in anticipo di qualche decennio sulla nascita del rock – anche tenendo conto del fatto che nel concerto metal la dimensione “sangue-sudore-sesso” tipica del r’n’r primigenio crea una performance totale, appunto superiore alla sommatoria delle sue parti, per quanto brutali, grezze, talvolta anche pacchiane queste possano essere.


Per questo abbiamo pensato di vedere il concerto insieme a Claudia Ferrari, attrice teatrale dilettante del CUT di Bergamo, che recentemente ha ospitato Mario per un reading nell’ambito della serata futurista-connettivista “Futuri Connessi”.
Quelle che seguono sono alcune brevi “riflessioni sintetiche”, senza alcuna pretesa di saggio ‘sistematico’, sulla scena-metal osservata dunque anche come evento teatrale.


Megadeth
Ben più che degli apripista di lusso, sono già a loro volta dei miti riconosciuti del thrash metal mondiale – stupiscono incredibilmente, al di là delle loro indiscusse capacità musicali, per la loro quasi calcolata perfezione sulla scena. Dimostrano costantemente di saper riempire alla perfezione lo spazio, di mantenere un equilibrio tale da trasmettere un senso quasi geometrico del palco, come in una sorta di “teatro kabuki del rumore” (come notate dalla foto qui a destra).

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La batteria si trova in una posizione sopraelevata, quasi di dominazione: non è un semplice accompagnamento, è creazione di suoni. Sul palco Dave Mustaine, voce e chitarra, è in posizione perfettamente centrale, ai lati rispettivamente chitarra e basso che si scambiano frequentemente di posto contemporaneamente, per non generare squilibrio, per mantenere a galla l’intera struttura di questa zattera-palcoscenico, illuminata da una luce soffusa di colore rosso e, in un piccolo angolo, un orologio che indica il countdown, il tempo della loro performance, quasi a voler sottolineare che l’equilibrio spaziale deve essere sempre, inevitabilmente legato ad una qualche forma di calcolata temporalità.


Judas Priest

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I veri headliner della serata (cui si riferiscono le foto in apertura e qui a fianco), leggende viventi ultra30ennali del genere, come gli Iron Maiden, vengono accolti dal popolo metallaro che riempie come un uovo (marcio?!) il Palasharp con un entusiasmo realmente… “inossidabile”.

Anche loro pongono la batteria in posizione rialzata, le due chitarre e il basso sono già in scena e non resta che prepararsi, quindi, all’entrata da protagonista indiscusso del cantante Rob Halford, il quale non si accontenta certo di essere l’attore principale ma, da vero mattatore, usa maschere, travestimenti, bandiere e tridenti, attrezzi scenici differenti ad ogni canzone. Quasi a voler interpretare le diverse tematiche ed i diversi personaggi narrati nelle sue canzoni. Sull’intero palco domina una straordinaria scenografia fatta di immagini differenti e luci intervallate che tendono ad amplificare maggiormente l’atmosfera creata dalla loro canzoni.

Durante tutta la performance Rob si muove sul palco, dominandolo indiscutibilmente non solo con la voce ma anche col corpo: sventola, sale e scende le gradinate mentre gli altri musicisti, sempre sul palco, compiono movimenti netti, con le teste, con le mani, all’unisono, quasi volessero rappresentare uno di quei cori antichi, che rimanevano statici sulla scena, ma compivano piccoli gesti come segno di rispetto all’attore principale.


Come sottofondo ci sono certamente i loro suoni prodotti e riprodotti in modo tale da confondersi spesso a semplici rumori (colpa del catino del Palasharp?!), tutto si confonde, sulla scena, nella musicalità, quasi a voler generare un caos primordiale, condizione indispensabile se si vuol poi imporre un certo ordine: un caos di luci, suoni, immagini, personaggi che sarebbe enormemente piaciuto ai futuristi ed alla loro idea totalizzante di coinvolgimento del pubblico in nuove forme di spettacolo aggressive, provocatorie, moderniste e antiaccademiche, che facessero saltare tutte le convenzioni classiche palco-pubblico.

Mario G & Claudia Ferrari

 

Lo Staff dà il benvenuto a Claudia Ferrari - presidente dell’associazione studentesca CUT (Centro Universitario Teatrale dell’Università degli studi di Bergamo) - che con questo intervento inaugura la sua collaborazione con Posthuman.


P.S.: l'altra citazione nel titolo, "Metallo Urlante", fa riferimento all'omonimo romanzo di Valerio Evangelisti (edito Einaudi), ciascun racconto componente il quale ha per titolo il nome di una famosa metal band (Venom, Pantera, Metallica, Sepultura). Il romanzo a sua volta omaggiava la storica rivista di fantafumetti anni '70 francese Metal Hurlant.

Last modified on Friday, 20 March 2009 11:25
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