Print this page

Centralità del corpo nel posthuman. Il materialismo ecclesiale secondo A. G. Biuso.

Written by  24 Oct 2007
Published in Riflessioni
Read 36126 times
Uno dei concetti chiave che ha cambiato il 900 è il corpo. Il corpo come "confine" della conoscenza, che o è totalmente presente nel determinarla, si considerino al riguardo le pratiche di digiuno nella meditazione orientale, o è completamente assente, come accade quotidianamente nel cyber spazio della rete, dove si vive il corpo come avatar, come poligono-maschera a rappresentarlo.

Il corpo è un nuovo paradigma per comprendere le epistemologie degli ultimi anni. In questo scenario bisogna inquadrare il dibattito sull'eutanasia che tanto scuote la nostra cultura e il mondo politico. Il rapporto tra naturale ed artificiale, tra umano e postumano risuona forte. A questo riguardo vi riportiamo l'illuminante articolo del filosofo Alberto G. Biuso: "Materialismo ecclesiale.", apparso su: http://www.girodivite.it/Materialismo-ecclesiale.html

"Materialismo ecclesiale." di Alberto Giovanni Biuso

Il problema per la Chiesa cattolica non è l’eutanasia ma è il Corpo

«Non si può staccare la spina, la natura deve fare il suo corso perché questa è la volontà di Dio». Ma è uno strano concetto di natura quello che vede in una persona intubata da anni, alimentata con sonde, circondata da una miriade di macchinari...qualcosa di “naturale”. È chiaro, invece, che senza una tecnologia potente e dispiegata quella persona sarebbe “naturalmente” morta da molto tempo. Consentire alla natura di fare il suo corso implica lasciare morire chi si trova in simili condizioni. Fare altrimenti significa sancire la vittoria dell’artificiale sul naturale.

La radice profonda di una simile contraddizione della Dottrina cattolica non è di tipo morale ma antropologico e metafisico. Da sempre infatti –e nonostante la speranza nella resurrezione dei corpi- la Chiesa disprezza la Corporeità umana, riducendola a ciò che in tedesco si dice Körper –il puro organismo fatto di tessuti, liquidi, ossa, muscoli…- mentre la grandezza del Corpo è il suo essere Leib, che non è –appunto- l’organismo silenzioso e morto ma è la Corporeità aperta ancora al mondo, alle relazioni, alla conoscenza, all’esperienza, a tutto ciò che un corpo nutrito artificialmente e privo di consapevolezza non può più fare.

La Chiesa cattolica si trova così in pieno accordo con gran parte della medicina contemporanea, il cui approccio “scientifico” –e cioè soltanto organicistico- alla corporeità si fonda proprio su una visione puramente strumentale e cosale di ciò che l’essere umano è. Per la medicina occidentale il corpo è infatti una cosa fra le altre che ci si illude, quindi, di poter dividere in parti, sezioni, organi, funzioni, che si crede di poter analizzare, diagnosticare e guarire in modo separato dall’intero. La medicina costruisce così per se stessa una corporeità frammentata, oggettivata e non vissuta. Difficilmente, quindi, compresa nella sua complessità e nella continuità fra salute e malattia. Gran parte della scienza medica e la dottrina morale cattolica sono costruite sulle schegge dell’umano, sui suoi brandelli invece che sulla interezza del corpo-tempo-mondo. L’attenzione estrema alla durata quantitativa dell’esistenza –l’accanimento terapeutico- costituisce l’inevitabile conseguenza della riduzione della corporeità all’organico e della chiusura alla qualità esistenziale del tempo vissuto.

La Corporeità non è per l’uomo l’insieme delle funzioni metabolizzanti ma è soprattutto corpo attivo e consapevole di sé, percezione del mondo, flusso delle esperienze vitali, «il corpo umano è una formazione molto più perfetta di qualsiasi sistema di pensieri e di sentimenti, anzi molto superiore a un’opera d’arte…» (Nietzsche, Frammenti postumi 1884, 25[408]). La radice più profonda della soggettività, della memoria, dell’essere persona, risiede sempre in questo corpo temporale, nel percorso che il grumo di materia che siamo traccia e lascia dietro di sé e che lo identifica sempre, nonostante gli enormi cambiamenti che esso subisce dalla nascita alla fine. È ciò che Husserl definisce, con efficacia, come la sfera «primordinale» del corpo vissuto, la quale è assai più che un Körperhaben, l’avere un corpo, e diventa un Leibsein, l’essere una corporeità consapevole, immersa nelle relazioni e quindi davvero…naturale.

L’accanimento terapeutico della dottrina cattolica non ha pertanto nulla di spirituale e rappresenta invece una forma malamente mascherata di rozzo materialismo.

(Alberto G. Biuso, che ringraziamo per il contributo, è docente alla Facoltà di Filosofia dell'Università di Catania)www.biuso.it

Last modified on Thursday, 25 October 2007 10:08
Rate this item
(0 votes)
Super User

Lo staff posthuman!

Website: www.posthuman.it
Website Security Test