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Negli "Angoli Oscuri" USA la chiarezza

Written by  17 Sep 2008
Published in Cinema
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Il dvd di Dark Corners con Thora Birch sottolinea la distanza fra la mentalità americana e l'idea di mistero, oltre che fra genio e mestiere nell'impiego di situazioni tipiche del cinema lynchiano, in sospeso fra realtà e onirismo. Un universo narrativo che affonda le radici nel cinema di Alain Robbe-Grillet degli anni tra '60 e '70.

La One Movie distribuisce in questi giorni straight to video il film dell'esordiente Ray Gower Dark Corners (di cui QUI vedete il trailer, dato che l'edizione italiana ci nega anche questo magro extra), sostanzialmente tutto basato sull'interpretazione della giovane (e brava) Thora Birch, già figlia di Kevin Spacey in American Beauty.

Due parole sulla trama visto che non è esattamente un titolone di cui si straparla in giro: le prendiamo direttamente dalla presentazione del dvd.
Susan è felicemente sposata e sta tentando disperatamente di avere un figlio tramite un processo di fecondazione sperimentale. La ragazza inizia però a sognare di essere un'altra donna, Karen, che vive in un mondo oscuro e decadente. Il tempo passa e inizia a essere perseguitata da un assassino ammantato di nero. Cosa è reale e cosa fantasia?
Un viaggio da incubo tra realtà e sogno, una discesa agli inferi angosciante come Rosemary's Baby, debilitante come Allucinazione perversa e straniante come Strade perdute.


L'ho appena visto e i riferimenti non sono mal posti, soprattutto quelli al capolavoro di David Lynch: io ci metterei soprattutto Mulholland Drive, che si basa proprio su un duo femminile bionda-mora (qui la Birch è bionda nella realtà e mora nell'incubo). Purtroppo, la somiglianza mette in risalto la distanza che passa fra genio e mestiere, soprattutto quando si affronta il difficile materiale dei percorsi narrativi non lineari e onirici, geneticamente ostici al regista medio americano che non sia una personalità strabordante e unica come il grande Lynch appunto.

Intendiamoci, non è mica un brutto film: è ben girato, le scene incubiche non sono affatto male (a parte i filtrini ocra un po' cheap), i freak che spaventano la poverina sono efficaci, il grottesco c'è; insomma, si segue con gusto - a parte qualche sdolcinatura banale nel versante reale (il maritino amoroso) - e ci si appassiona anche al dramma della povera Susan e delle sue allucinazioni inquietanti: è solo quando affronta il micidiale momento del tirare le fila che casca l'asino, perché si costruisce un'architettura surrealista alla Escher, senza vie d'uscita, ma poi al dunque l'anima americana ESIGE una RISPOSTA (ossia una via d'uscita), e che sia ben chiara.

Il regista medio americano (e Gower ahinoi lo è) NON è biologicamente in grado di portare sulle spalle il peso dell'incompiutezza, del non chiarito. E siccome il ben chiarito è la negazione del concept di questo film, guasta l'atmosfera con un killer umano ben preciso, che si capisce alla fine (e che quindi non vi dico), poi la pasticcia tornando all'onirico, cercando di gabellarci che "è tutto sospeso"; ma in realtà dando l'impressione di cercar solo la scena-gancio ad effetto per un (evitabilissimo) sequel.

Alla fine è una visione utile per capire la differenza che passa tra genio e mestiere. Lynch ti fa tremare d'attesa riprendendo per tre minuti un corridoio buio con tappezzeria kitsch anni '50; un Gower, per ottenere lo stesso effetto, deve mettere una tipa nuda e scuoiata sull'altare di una chiesa in mezzo alle candele!

Viceversa, un regista di cui fra gli amanti del b-movie si parla poco perchè puzza (e non a torto) d'intellettuale stracciameningi, è Alain Robbe-Grillet, fondatore del nouveau roman, sceneggiatore de L'anno scorso a Marienbad di Resnais e regista scomparso lo scorso febbraio.
Un vero peccato, perché lui è veramente il padrino dei... "giardini dai sentieri che si biforcano" (la citazione è di Borges): ho appena visto (dvd RHV) il suo Oltre l'Eden del '71: tutto un folle trip di schegge di racconto: pseudo thriller, pseudo esotico, pseudo erotico s/m... pensate che fantastico gioco sui generi narrativi "pulp", pur all'interno di un film considerato "d'autore", ma perché oggi solo Lynch osa queste cose?
Tornando al film, un gioco che si frastaglia in una serie di specchi onirici, che si riflettono a vicenda; un po' come (mi è capitato di pensare) le storie a fumetti di Valentina di Crepax che, proprio a quell'epoca, giocava proprio con gli stessi elementi fra onirico e reale.

Giochino intellettualistico e un po' snob, se volete, ma secondo me i non-intrecci di Lynch, cui idealmente aspirava anche il buon Gower, nascono proprio lì, nella versione filmica del nouveau roman di Robbe-Grillet.


Per chi fosse curioso di approfondire la filmografia del maestro francese, perdendosi nei suoi giardini biforcati, in questo periodo la Ripley ha pubblicato in dvd italiano anche il suo Trans-Europ-Express (in b/n del 1966, con Trintignant: guardate il finale nello strip bar e ditemi se non c'è già dentro molto Lynch!); sta per uscire anche il suo ultimo film, Gradiva (del 2006). Credo non ci sia da pentirsene!


Mario

Last modified on Monday, 22 September 2008 09:21
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