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Sputnik: il pharmakon alieno

Written by  07 Dec 2020
Published in Cinema
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Il notevole debutto del russo Abramenko, premio Asteroide al Trieste S+F 2020, incrocia il "genere Alien" con un'indagine psicanalitica alla Arrival nell'URSS ancora totalitaria del 1983.



SputnikQuest'anno il Trieste Science + Fiction Festival s'è svolto online, come quasi tutto il resto. Il che non gli ha impedito d'incoronare regolarmente i migliori film in concorso, per la prima volta proposti in streaming: il premio Asteroide è andato al russo Sputnik, debutto alla regia di Egor Abramenko, ed è proprio di questo che vi parliamo, perché abbiamo avuto la possibilità di vederlo e concordiamo pienamente con l'alloro che merita pienamente (in alto, a lato e sotto diversi poster internazionali del film).


SputnikInfatti, Sputnik s'inserisce con solida mano registica nel filone "alla Alien", che riesce pure ad innovare, laddove l'oliata meccanica inventata da Ridley Scott nel 1979 sembrava ormai inesorabile; pensiamo ad esempio al pur efficacissimo Life di Daniel Espinosa (film purtroppo qui non recensito a suo tempo): avercene di shocker così serrati senza un attimo di calo di tensione dal principio alla fine, però alla fine quando ci ripensi scemata la suspence il plot è praticamente un remake fedele del primo Alien


Invece, l'originalità di Abramenko sta nell'immaginare una creatura aliena (sotto, affiancata al terribile 'Calvin' di Life) che (SPOILER trama) alberga sì come un parassita nel corpo di un cosmonauta umano, ma non con gli ormai prevedibili effetti devastanti, bensì in una forma di simbiosi che addirittura migliora la salute dell'umano quando l'alieno rientra "a casa" in lui. Il misterioso alieno dalla testa di cobra si nutre di un elemento chimico del corpo umano: il cortisolo, secreto da noi poveri terrestri quando abbiamo paura (fine SPOILER).

SputnikLife

 

 

 

 


È questo un implicito riferimento a un classico della s/f letteraria come Crociera nell'infinito di Elton Van Vogt, cui probabilmente ha attinto lo stesso Scott (nel romanzo l'elemento nutritivo era il fosforo). Ma Sputnik mette in campo anche altri interessanti riferimenti cinematografici: nella recensione del Cineocchio, per esempio, si parla giustamente di Arrival di Villeneuve (altro capolavoro della s/f filosofica recente da noi colpevolmente non recensito all'epoca), per l'impianto a quest in cui la psicanalista Tatyana viene investita dall'autorità militare che ha in custodia il cosmonauta "abitato" di capire cosa accade in lui.


SputnikL'altro riferimento è al (bellissimo) Suspiria di Guadagnino per la precisa contestualizzazione storica della vicenda (in questo caso, l'URSS pre-perestrojka e ancora militarista del 1983). Il parallelo finisce qui e si può considerarlo un tantino tirato per i capelli, anche se non sbagliato: ma varrebbe altrettanto il riferimento alla miniserie Chernobyl (vista la scorsa estate su LA7), proprio per l'incombenza del rigore burocratico del regime totalitario, che impone questi dialoghi asciutti e glaciali come la steppa kazaka in cui si svolge la storia, in cui nessuno sorride mai neanche per sbaglio. E in cui gli ordini militareschi e la perenne minaccia di ritorsioni disciplinari è perenne, immanente e determina l'atmosfera plumbea del film, che più d'uno ha (secondo noi erroneamente) criticato come una presunta "lentezza" del film, laddove è solo autonomia dai cliché hollywoodiani cui siamo giocoforza abituati per questo genere di film.


SputnikInoltre, la simbiosi coll'alieno (a sinistra lo sviluppo della concept art) dell'"eroico" cosmonauta sovietico arricchisce l'analisi psicologia del personaggio con la condivisione di ricordi ed emozioni, legate sopratutto al dramma del figlio abbandonato su una sedia a rotelle in un lugubre orfanatrofio sovietico per la carriera astronautica, quindi alla responsabilità della paternità e a quel senso del sacrificio così fortemente connaturato alla mentalità russa e nella cultura sovietica.


Uno spirito "tragico" che ci negherà il classico "lieto fine hollywoodiano", perché appunto non si può operare per il bene senza affrontare anche dei dolorosi sacrifici, ma con un colpo di scena finale che vi lasciamo scoprire e che ci lascia il dubbio che l'alieno possa essere un pharmakon nel vero senso del termine greco, ossia rimedio e veleno insieme.


Il film non è ancora stato distribuito in Italia - come avete capito che fortemente ci auguriamo - al di fuori del festival triestino, quindi se riuscite a vederlo sarà in russo con sottotitoli italiani. Talvolta è un po' faticoso da seguire, anche perché l'impassibilità delle espressioni facciali dei protagonisti non facilita se si perde un frammento.

Ma, credete, vale assolutamente lo sforzo.

 

Mario-G-Roberta

(con un ringraziamento speciale a Gianluigi per l'impareggiabile supporto nella 'ricerca fonti')

Last modified on Monday, 07 December 2020 16:28
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