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L'Autunno di Montebuio - visioni dal mondo di fianco

Written by  29 Jan 2013
Published in Libri
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Il seguito de L'Estate di Montebuio di Arona (ed. Nero Press) connette il paesino dei misteri con gli incubi della Storia del '62 e coi primi sound elettronici. Una connessione incidentale anche con gli slittamenti dimensionali del film Berberian Sound Studio?

 


 

L’Autunno di Montebuio è il seguito dell’Estate di Montebuio , che segue lo spin off apocrifo di Malapunta (accreditato a Morgan Perdinka, protagonista di una maledetta vacanza nel villaggio ligure nel ’62 e futuro scrittore horror suicida nel capostipite, come leggete nella simpatica analisi su Mezzotints).

Danilo Arona lo firma insieme a Micol Des Gouges, debuttante ora appena 19enne, il cui ruolo nella stesura accanto al Maestro di Bassavilla non è meglio precisato dalla documentazione dell’editore (Nero Press). La nostra impressione è che sia legata all’obiettivo di rendere più realistico il punto di vista della protagonista/narratrice Lisetta, che nella vicenda ha 10 anni, come ci ricorda più volte lei stessa.

Infatti L’Autunno di Montebuio non è un semplice sequel: Morgan Perdinka è morto, le vicende legate alla sua macchina da scrivere demoniaca sono esaurite e così le molte sottostorie in cui si articolava L’EdM (la sua manager-amante, i carabinieri, gli automobilisti notturni e gli immancabili rocker di periferia).
Ora la vicenda torna alle origini: il paese di Montebuio e i suoi misteri di incursioni maligne, streghe zannute, sante semipagane e ragazzine che spariscono. Ma, come si diceva, si sposta lo sguardo del narratore, nel nuovo romanzo costante per tutta la storia quanto nel precursore era mutevole.

I 10 anni di Lisetta son pochi per saperne granché dei Grandi Eventi della Storia che le improvvise connessioni interdimensionali portano ad irrompere con violenza nella vita del (realmente esistente) paesino appenninico nell’occhio del Male: la crisi della Baia dei Porci, i missili USA puntati su Cuba e quelli stanziati anche a Gioia del Colle in Puglia, il disastro aereo (attentato?) di Mattei, la nascente contestazione dell’ordine sociale da parte dei giovani e i primi scontri con la polizia. Le prime vittime della storica Perdita d’Innocenza della società italiana dei ruggenti '60, le quali – come quest’ultima – non torneranno più indietro dal “Mondo di Fianco” che le ha inghiottite (e che in Rock – i delitti dell’Uomo Nero – si chiamava “di Colà”), insieme a qualche marine stupidamente caduto sul fronte di Cuba...

Pochi anni, dicevamo, ma comunque abbastanza per esserci mesmericamente connessa, insieme ai coetanei Ettore e Santino (gli incubi dei bambini sono più fertili) e ricavarne visioni d’orrore assoluto, che costituiranno il loro personale It (c’è molto Stephen King a Montebuio, e il re del Maine è omaggiato nel nome di un cane scomparso).

La maggiore linearità della narrazione focalizzata sul punto di vista di una bambina rende la trama più omogenea e meno turbinosa rispetto al romanzo precursore: infatti, dopo uno stillicidio di segnali misteriosi – che in qualche caso può risultare anche leggermente ripetitivo – l’acme si raggiunge oltre pagina 150, con la processione dei paesani al Montebuio e le relative visioni apocalittiche condivise.

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Si riduce coerentemente anche il coté citazionista, spariscono i riferimenti filmici ai Carpenter, Lynch etc. (citati solo nelle conclusioni), come ai Grandi Maledetti del rock, qui preconizzati dal bizzarro e sfortunato Joe Meek (foto a destra), autore nel ’62 della canzone Telstar (portata al successo dai Tornados da lui prodotti), ingenuo precursore della psichedelia e dell’uso dello studio di registrazione e dei suoi effetti come uno strumento musicale (forse, LO strumento principe del nascente rock).

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Personaggio misterioso, ossessionato e alla fine tragico (morì realmente suicida dopo un omicidio), forse a sua volta “connesso” alle trasmissioni del primo satellite in orbita intorno al globo, il Telstar, appunto, cui aveva intestato la sua canzone più famosa, pare sia anche grazie a lui se noi rockettari venuti dopo abbiamo avuto la possibilità di perderci nelle spirali elettroniche di Tangerine Dream, Hawkwind e nei minimalismi dei Suicide (nella foto qui a sinistra vedete l’elettronica vintage dei Silverapples) o… dei Broadcast?

Già, perché forse si tratta sempre della stessa connessione che si stabilisce ad esempio nel Berberian Sound Studio, film indie inglese (da noi ovviamente ineditissimo, nonostante la bella recensione di Davide Pulici, leggetela QUI, possibilmente astraendovi dal porno di Sara Tommasi) in cui uno staff di produzione è impegnato a sonorizzare un horror italiano degli anni ’70 su streghe torturate dall’Inquisizione. Il clima minaccioso del film (che argurtamente a noi non viene mai mostrato) in qualche modo tracima nella vita reale del povero fonico inglese convocato dal regista per supervisionarne gli effetti sonori, facendo pericolosamente scivolare i piani di realtà, almeno la sua, verso l'incubo.

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Offrono all'originale piccolo film colonna sonora i Broadcast succitati, con musiche suspiriane sottilmente vintage come l’ambientazione richiede (programmatica la cover dell'album qui a destra, lo trovate sia in cd che... ovvio, in vinile!). Musiche che Arona e Des Gouges difficilmente avranno assaporato (come del resto quel film così “sintonizzato”, immagino), mentre scrivevano di Lisetta e dei suoi compaesani smarriti. Ma si sa come va con le connessioni, a volte loro non si preoccupano di allacciare percorsi coscienti…

Tornando all’Autunno di Montebuio, se dovete prendere contatto col mondo di Arona, partite dall’Estate (anche per coerenza cronologica). Ma se siete già immersi nella sua dimensione di Fianco, affondate senza esitazione: vi confesso che anche in questo Autunno io ho trovato spunti fecondi per l’evoluzione del mio sofferto secondo romanzo, pur distantissimo come trama dall’orrore “rurale” di Arona.

Ma, si sa, a volte dimensioni anche molto lontane…



Mario G

Last modified on Tuesday, 23 July 2013 23:12
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