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Ansiosi di scoprire se l'astuto gatto stia per fare... "la fine del sorcio", immolato a un Dio che non sembra poi così "onipotente" come pensano i suoi fedeli dell'Arca?
Dopo la PRIMA PARTE e la SECONDA PARTE, ormai non vi esta che continuare.
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Quando Noè sciolse i lacci del sacco in cui Jafet e sua moglie avevano rinchiuso il povero gatto, l'animaletto schizzò fuori artigliando l'aria e soffiando furibondo.
- Avevi ragione, padre! – tuonò Jafet, puntandogli contro un dito accusatore. – E' un diavolo, lo ha ammesso lui stesso, prima di blaterare oscenità senza senso!
La moglie si fece avanti, imitando il marito. – Sì, e ha anche parlato di renderci schiavi, o qualcosa del genere! Buttiamolo in mare, suocero mio! Tenerlo qui è pericoloso, potrebbe far infuriare l'Onnipotente!
- Sì! – ruggì Sem, dietro di lei – Buttiamolo in mare chiuso nel sacco! Non vorrei che facesse qualcuno dei suoi trucchi da demonio!
Noè annuì, grave. – Per quanto mi addolori... – ammise.
- Se ti addolora, allora non farlo, pezzo di idiota! – soffiò il gatto, disperato, che poi si rivolse al giovane Jafet.
- Pensavo che voi due foste più intelligenti di vostro padre, ma a quanto pare mi sbagliavo! Siete peggio di lui!
- Taci, diavolo tentatore! – fece Jafet, indietreggiando di un passo – Avevo capito fin da subito che c'era qualcosa che non andava in te! Ho finto di essere tuo alleato solo per scoprire cosa fossi veramente!
Noè approvò l'operato del figlio e della nuora. – Ottimo lavoro, ragazzi. Gran bello spirito d'iniziativa! – tuonò, battendo una manona sulla spalla di Jafet – Grazie a voi ora conosciamo le infide intenzioni di questo manigoldo! – si schiarì la voce, mentre Sem e Cam si congratulavano con il loro fratello minore con calorose strette di mano.
- Ehm... tuttavia non posso accontentare i vostri desideri. – aggiunse poi Noè – L'Onnipotente mi ha categoricamente ingiunto di non fare del male ad alcuna creatura vivente finché fossi stato su questa nave, perciò...
Il gatto stava già tirando un sospiro di sollievo, che gli morì in gola quando udì il resto della frase.
- … perciò lo terremo chiuso qui finché non saremo a terra, dopodiché lo sacrificheremo a Dio, come offerta di pace dell'umanità!
I figli e le nuore approvarono in coro, rendendo grazie a Dio per aver dotato il giovane Jafet di un così affilato acume e il vecchio Noè di una così grande saggezza e capacità decisionale.
Gattaccio fu quindi catturato e rimesso nel sacco, poi fu gettato in un angolo del magazzino e lì rimase, in silenzio per giorni interi, mentre fuori i fratelli si davano il cambio ogni sei ore per sorvegliarlo e per dargli da mangiare.
Il gatto attese, paziente ma vagamente inquieto. Poi, quando ormai aveva perso il senso del tempo e le ore cominciavano a susseguirsi tutte uguali, udì la porta che si apriva e qualcuno che scivolava all'interno del magazzino senza far rumore.
Agili dita slegarono i cordini del sacco e lo liberarono dalla sua prigionia. L'alieno prese una profonda boccata d'aria e piantò i suoi occhi in quelli della moglie di Jafet.
- Ce ne hai messo di tempo, Tesbite! – sbottò – Stavo cominciando a preoccuparmi, là dentro...
Lei ridacchiò. – Credevi davvero che ti avremmo lasciato qui per essere sacrificato? – domandò lei, scuotendo il capo.
- E io che ne so? – fece il gatto – Con le compagnie che frequentate... – si guardò intorno e annusò l'aria – Ma almeno ora tu e tuo marito sieta al di sopra di ogni sospetto. Dov'è Jafet?
- Qua fuori. Sta sorvegliando il corridoio, ma non credo che verrà qualcuno – spiegò lei, agitata – La colomba è tornata. Aveva un ramoscello d'ulivo nel becco, proprio come avevi detto tu!
Il gatto strinse gli occhi. – Maledizione... quanto tempo è passato da quando è partita?
- Due giorni e mezzo.
- Mmm. Ormai la terraferma è vicina e i miei compagni ci staranno aspettando nascosti tra le rocce. Dobbiamo scollegare il radiofaro satellitare!
- Intendi quell'oggetto magico che permette alla nave di navigare?
- Proprio quello. Se non bypassiamo i suoi sistemi finiremo proprio in bocca al nemico.
- Ma... – replicò Tesbite, confusa – Non hai detto che è quello che deve succedere comunque?
- Sì. – ammise il gatto – Attualmente non avete le capacità cognitive e tecnologiche per resistere ai miei simili. Vi spazzerebbero via in men che non si dica. No, dovremo aspettare. Magari occorreranno migliaia di anni, ma prima o poi la mia stirpe e la vostra si uniranno per cacciare il nemico.
- La tua stirpe, Gattaccio? Credevo fossero proprio loro il nemico!
- Intendo i miei diretti discendenti, Tesbite. Io sono un esiliato, e se mi dovessero trovare sarei processato alla corte marziale, sterilizzato e nutrito a disgustosi crocchini salutari per il resto della mia vita. No, devo evitare che questa nave arrivi dove vogliono loro. Se riuscirò a darmi alla macchia giuro che io e i miei discendenti non cercheremo mai di dominare voi uomini. Piuttosto vivremo all'aperto, tra i rifiuti, ma non ci piegheremo mai alla follia dominatrice del dittatore!
Jafet entrò in quel momento nel piccolo magazzino, gettando occhiate inquiete all'esterno.
- Cosa caspita state facendo? – sbottò con urgenza – Volete del latte caldo e dei biscotti, per caso? Si accorgeranno presto che manchiamo, perciò...Gattaccio, fai quello che devi e nasconditi!
Il gatto annuì e schizzò verso la stiva di prua, seguito d'appresso da Tesbite. Jafet attese un tempo ragionevole, poi si allontanò e raggiunse suo padre e i suoi fratelli, fingendosi sconvolto.
- Padre! Ragazzi! – ansimò.
- Jafet! – Noè stava ancora danzando con la povera colomba tra le mani – Che meravigliosa giornata! La terra è vicina! Una nuova vita ci aspetta! - poi smise di roteare e il sorriso gli morì sulle labbra – Che succede, figlio? Non dirmi che...
Jafet, annuì, mentendo come un attore consumato. – E' fuggito, padre! L'abbiamo visto sfrecciare verso poppa. Mia moglie lo sta inseguendo, ma l'arca è troppo grande e ci sono mille nascondigli!
Noè strinse i pugni così forte che per poco non trasformò la povera colomba in paté de fois gras.
- Sem! Cam! – ruggì, perentorio – Trovate quell'infame bastardello e portatemelo qui!
Tesbite puntò la lanterna nella direzione in cui era sparito Gattaccio. La fessura era grande quanto bastava per far passare lui o creature della stessa taglia, ma non gli esseri umani.
- E' lì? – sussurrò la donna.
Dopo un attimo arrivò la risposta. – Sì, è qui.
- Puoi toglierlo?
- No. non posso e non devo. – spiegò il gatto – Se lo disattivassi i miei compatrioti lo saprebbero e il dittatore potrebbe decidere di deatomizzare l'Arca, per sicurezza...
- Non capisco una sola parola di quello che dici, Gattaccio. – disse lei, scuotendo il capo – Ma se non puoi toglierlo... allora che vuoi farci?
- Riprogrammarlo. Obbligarlo a fare ciò che voglio io – spiegò lui – Lo sto già facendo, ma mi serve un altro po' di tempo. In questo modo quei bastardi crederanno che stiamo andando verso di loro mentre invece il satellite sposterà la nostra rotta di qualche grado e ci farà finire altrove.
- Ma così potremmo non trovare più la terraferma! – mormorò Tesbite, allarmata.
- Non temere, ragazza mia. – disse il gatto dall'oscurità del buco – Quando non ci vedranno arrivare ci troveranno con i sensori della nave madre, penseranno ad un guasto nel sistema di navigazione e abbasseranno ulteriormente le acque per farci incagliare da qualche parte. Se non troveremo noi la terra sarà lei a trovare noi.
- Continuo a non capirti del tutto... – si lamentò lei, sospirando – Ma avrò fede in te...
- Non fede, fiducia! – sbottò il gatto – Dimenticati la fede e inizia a pensare e a fidarti del tuo istinto e del tuo senso del giusto. Finora non ti hanno mai tradito, mi pare!
La ragazza rifletté sulle parole del gatto in silenzio, poi iniziò a udire il latrare di cani in lontananza.
- Gattaccio, sbrigati! – chiamò, spaventata – Stanno usando la coppia di cani per trovarti, hanno un fiuto eccellente e di sicuro saranno qui a momenti!
- Lo so, lo so! – fece lui – Non mettermi fretta, se sbaglio non avremo un'altra occasione!
Lei cercò di calmarsi, ma i latrati si facevano sempre più forti e da dentro il buco non proveniva altro che uno strano grattare e uno tenue pigolio, seguito da brevi lampi di luce intermittenti.
- Tu finisci il lavoro e trova un nascondiglio dove non possano trovarti, io cercherò di trattenerli! – esclamò, alzandosi in piedi.
- D'accordo! – sibilò il gatto, dopo un'imprecazione – Buona fortuna, Tesbite! E grazie!
- Grazie a te... oh, non so neppure il tuo vero nome!
- Non importa, Gattaccio andrà benissimo. Quello vero non potresti pronunciarlo correttamente comunque! Ora va'!
Tesbite corse via a malincuore, cercando di capire da che direzione provenissero i latrati dei cani. Più avanti, a sinistra, gli animali sembravano molto agitati, perciò la giovane donna decise di puntare in quella direzione. Aggirò il recinto dei rinoceronti, tagliò attraverso quello delle zebre e sbucò dietro alla vasca dei coccodrilli. Qui il latrare dei cani era decisamente più forte. All'improvviso vide passare Noè e Cam ad una certa distanza. Il vecchio teneva al guinzaglio i due cani da caccia, faticando non poco a tenerli a bada. Tesbite li chiamò a gran voce.
- Donna, che fine avevi fatto? - sbottò Noè, guardandosi intorno febbrilmente.
- Ho... ho inseguito il diavolo fino qui, ma mi è sfuggito! – spiegò lei, evitando di incrociare lo sguardo con suo marito, che era sopraggiunto proprio in quel momento con suo fratello Sem.
- Maledizione, Jafet! – sbraitò Noè – Avevi detto a poppa, invece questa è la prua! Possibile che tu non conosca neppure la terminologia basilare di un'imbarcazione?
- Scusami padre... – borbottò Jafet, cercando di mostrarsi il più contrito possibile.
Uno dei cani si avvicinò uggiolando al grembiule di Tesbite, diede un'annusatina e iniziò ad abbaiare furiosamente, ringhiando, tanto che Noè dovette strattonarlo. La giovane donna fece un passo indietro, per sicurezza.
- Diavolo d'un cane! – sbottò il vecchio – Ma che gli prende?
Sem scoccò un'occhiata indagatrice verso di lei. – Possibile che senta su di te l'odore del diavolo? – accusò – Dopotutto non abbiamo appurato come abbia fatto a uscire dal magazzino senza aiuto esterno...
Jafet smise di respirare e s'irrigidì, ma fortunatamente nessuno lo notò.
- Come osi? – replicò la giovane, portando le mani ai fianchi – Forse ho l'odore di quel mostriciattolo addosso, ma questo è solo perché poco fa l'avevo quasi preso. L'ho stretto a me, ma si è divincolato ed è fuggito. Si sarà liberato dal magazzino con i suoi poteri diabolici!
- Mmm... davvero? - Sem si grattò il mento, confuso.
- Dovresti vergognarti! – lo apostrofò Cam – Accusare la moglie di tuo fratello è un'azione ignobile, anche se devo ammettere che tra di noi sono le donne quelle con la più alta probabilità di essere corrotte dal diavolo. Ora chiedi scusa per la tua malafede!
Sem strinse le labbra e guardò altrove. – Si, scusa. – borbottò.
- Dobbiamo sbrigarci! – tagliò corto Noè – Chissà dove si sarà nascosto quell'infame demonietto!
La caccia riprese e dopo pochi minuti il gruppo con i cani passò davanti alla fessura dentro la quale era stato piazzato il radiofaro satellitare. Quando gli animali annusarono i bordi del buco, uggiolando, Tesbite si aggrappò al braccio del marito, scambiando con lui un'occhiata colma di preoccupazione.
CONTINUA