L'anno più oscuro dell'ultimo mezzo secolo si va a chiudere, senza promettere ancora granché di buono per quello in arrivo, siamo già stati sommersi dalle playlist di tutte le testate del mondo culturale con i dischi importanti, i film che ricorderemo, i libri da salvare dell'annata. A poche ore dal tinnir dei calici, ci uniamo anche noi con qualche titolo da non dimenticar colla distratta noncuranza di questi tempi.
Abbiamo anche chiesto a tre amici di lunga data e provata esperienza in vari ambiti di proporci le loro scelte ben meditate, che accostiamo a quelle di Mario G, nei settori in cui maggiormente il sito Posthuman di solito si esprime.
Andrea Peviani
Già collaboratore del saggio FantaRock e inesausto esploratore dei percorsi del r'n'r, ci propone i suoi 5 "pezzi facili" in ambito musicale:
1. Big Thief - Double Infinity
2. Brad Meldhau - Ride Into The Sun
3. Casino Royale - Fumo
4. Suede - Antidepressants
5. The New Eves - The New Eve Is Rising
Il disco dei Big Thief è una raccolta quasi perfetta di canzoni in cui una delle band più prolifiche della scena indie americana dell’ultimo decennio raggiunge una sua forma originale dí classicità. Forse il percorso opposto degli Suede, che in questa seconda parte della loro storia ultratrentennale ritrovano una freschezza da ventenni nei suoni post-punk dei primi anni 80. Antiche e moderne suonano anche le esordienti The New Eves, sorprendenti nella loro spregiudicata autorevolezza. E sorprendente è ritrovare i Casino Royale, usciti vivi dagli anni '90 e in grado di realizzare un discone di caratura internazionale, al di fuori di ogni genere. O fuori dal tempo, come la rielaborazione creativa che Brad Meldhau ha dedicato alle canzoni fragili e meravigliose di Elliott Smith. Un mondo a parte, in cui il pianista guida un dream team ispiratissimo e fa incontrare le altre anime innocenti di Nick Drake e Alex Chilton: quasi una nuova idea di Musica Classica.
Ai primi 5, per lui seguirebbero anche:
6. Pulp - More.
7. Wet Leg - Moisturizer
8. Van Morrison - Remembering Now
9. Waterboys - Life, Death And Dennis Hopper
10. Stereolab - Instant Holograms On Metal Film
Mario Gazzola
In un periodo di grande recupero delle sonorità glam/new wave, i 5 secondo MarioG sono invece:
1. Franz Ferdinand - The Human Fear
2. Steven Wilson - The Overview
3. Pulp - More.
4. The Ex - If your mirror breaks
5. Julie's Haircut - Radiance Opposition.
Dove i furbi FF inglesi piazzano il tormentone della scorsa Gaz-summer, Build it up, mentre gli storici Ex olandesi sparano un'energia inalterata dal tempo; i Pulp di Jarvis Cocker cavalcano da maestri raffinatezze Bowie/Roxy, mentre mastro Wilson (protagonista di un epocale concerto all'Arcimboldi la scorsa estate) cavalca le galassie di un sublime space rock, insieme ai nostrani Julie's Haircut, autori di una neopsichedelia policroma che flirta anche coll'elettronica.
Ora, i 5 film del 2025 di MarioG sono:
1. Fino alla fine del mondo director's cut (di Wim Wenders): la riedizione dell'opus magnum di Wenders (del '91), appena circolata nelle sale, pur nella fluviale durata di 4 ore e tre quarti, è un'opera-mondo in cui c'è tutto: il giallo spionistico, la fantascienza, il metacinema onirico, la riflessione filosofica e pure l'esaltazione della scrittura letteraria come salvezza dall'eccesso d'immagini: obbligatorio per chiunque scriva (e non solo)!
2. Bugonia (di Yorgos Lanthimos): una black comedy dal folgorante fulmen in clausola fantascientifico/apocalittico con cui il greco non smentisce la sua vena sarcastica sull'umane sorti.
3. Dracula - l'amore perduto (di Luc Besson): il vampiro trasformato in eroe romantico, di cui avete già letto QUIhttps://www.posthuman.it/cinema/dracula-secondo-besson-piu-del-sangue-pote-l-amore.
4. The Shrouds (di David Cronenberg): anche del crepuscolare canadese avete già letto QUIhttps://www.posthuman.it/cinema/the-shrouds-l-eros-della-dissoluzione, ma non lasciate scivolare come lacrime nella pioggia il suo ultimo viaggio nell'eros della dissoluzione corporea.
5. Orfeo (di Virgilio Villoresi): unico italiano del lotto, conquista con un mix linguistico di tecniche dell'avanguardia che fu (e anche di lui leggete tutto QUIhttps://www.posthuman.it/cinema/orfeo-ritorno-allo-sperimentalismo-delle-origini, ultima recensione estesa dell'anno).
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Franco Bocca Gelsi
E' ora il momento del produttore indipendente, che di seguito ci propone il suo "quintet" da addetto ai lavori oltre che ovviamente appassionato di cinema:
1. La mia famiglia a Taipei (di Shih-Ching Tsou):
Il film sceglie il punto di vista della bambina come forma di intelligenza narrativa: uno sguardo capace di accogliere i conflitti senza irrigidirli, di attraversare le fratture familiari trasformandole in esperienza di crescita. La dolcezza non è mai decorativa, ma strutturale. La dimensione orientale emerge nella capacità di tenere insieme i problemi attraverso la quotidianità, i gesti minimi, la continuità della presenza. Un cinema che non cerca l’esplosione emotiva, ma la durata.
2. Una battaglia dopo l’altra (di Paul Thomas Anderson): un film libero, irregolare, volutamente fuori registro, che rifiuta l’ordine come valore e sceglie l’energia come linguaggio. La narrazione si muove per scarti, accelerazioni, deviazioni, restituendo una sensazione di vitalità quasi febbrile. Le interpretazioni attoriali sono centrali: danno corpo e tensione a un racconto che non vuole essere rassicurante, ma vivo. Un cinema che accetta il rischio come forma di verità espressiva.
3. Die My Love (di Lynne Ramsay): opera radicale che propone uno dei punti di vista più potenti e innovativi sulla depressione femminile post-maternità. Il film intreccia realtà e immaginazione dissociata fino a farne un unico campo percettivo, in cui il racconto non spiega ma fa vivere l’esperienza mentale della protagonista. È una visione che rompe le convenzioni, rifiuta la semplificazione e afferma una soggettività femminile pienamente autonoma, non addomesticata. Un gesto cinematografico profondamente rivoluzionario.
4. Bring Her Back (dei Fratelli Philippou): horror di altissimo livello formale, costruito con precisione, controllo e una straordinaria capacità di generare inquietudine. I registi dimostrano una padronanza matura del genere, lavorando sull’atmosfera, sul tempo e sulla tensione emotiva più che sullo shock. Il film trasforma il trauma in materia narrativa viva, creando un’esperienza immersiva e perturbante che resta impressa a lungo.
5. Sinners (di Ryan Coogler): un noir che trova nella colonna sonora uno dei suoi elementi più distintivi e memorabili. La musica è parte integrante della narrazione: attraversa le scene, amplifica il senso di colpa, accompagna i personaggi nelle loro ambiguità morali. Il risultato è un film denso, magnetico, in cui immagine e suono costruiscono insieme un’atmosfera potente e riconoscibile. Un cinema che colpisce per identità e forza sensoriale.
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Andrea Carlo Cappi
Scrittore di lungo corso, co-curatore/autore di Fantasmi di oggi e direttore di M - Rivista del Mistero, ci manda i suoi 5 film in forma di articoletto, indocile al formato-playlist.
Eccolo:
1. Bugonia (di Yorgos Lanthimos) benché sia di fatto il remake di un film sudcoreano, Jigureul jikyeora! (2003) che a questo punto sarei curioso di vedere.
2. Da cultore della saga di Mission: Impossible fin dai vecchi telefilm degli anni ‘60-’70, non potevo perdermi The Final Reckoning di Christopher McQuarrie, parte conclusiva (lungamente attesa) di Dead Reckoning del 2023 e forse ultimo episodio del ciclo interpretato da Tom Cruise. Una spy story d’azione estrema, ma soprattutto di attualità, dal momento che il dittico tratta di un’intelligenza artificiale alquanto invasiva. C’è anche un elemento chiaramente fantascientifico: nel film a essere presidente degli USA è una donna, intelligente, preparata, competente e afroamericana.
Proprio perché affezionato ai franchise della mia infanzia e adolescenza, non ho rinunciato neppure alle ultime produzioni della Marvel e della DC Comics, nonostante negli ultimi tempi tutti i loro personaggi abbiano dovuto affrontare un nemico molto più devastante di Thanos e Darkseid: l’ufficio marketing, un’entità malefica che spesso, non essendo in grado di decidere che direzione prendere, cerca di andare in tutte e nessuna, distruggendo ogni traccia di vita intelligente che gli si trovi intorno.
Nondimeno tanto
3. The Fantastic Four – First Steps di Matt Shakman quanto l’ennesimo film intitolato...
4. Superman, stavolta di James Gunn, si guadagnano la promozione, non tanto per l’originalità delle storie, quanto per come queste sono gestite, strizzando l’occhio ai fumetti da cui provengono e incorporando un concetto ormai consolidato tanto per la Marvel quanto per la DC: quando in un film cambiano gli interpreti, non è più un reboot, bensì una storia ambientata in un universo parallelo. Il primo gioca, appunto, su un universo in cui l’America è tecnologicamente avanzatissima, ma conserva molti aspetti degli anni Sessanta, creando uno scenario nostalgico da Silver Age of Comics, in omaggio al disegnatore Jack Kirby. Il secondo – che Gunn punteggia delle notazioni umoristiche familiari a chi ha apprezzato il suo marveliano Guardians of the Galaxy (2014) e relativi sequel – raccoglie materiale e personaggi che ultimamente tv e cinema avevano sfiorato o ignorato del tutto.
5. Sulla carta, parrebbe non avere nulla di fantastico... se non fosse che parla di un delitto in apparenza impossibile dagli sviluppi potenzialmente sovrannaturali. Ma si tratta di Knives Out – Wake Up Dead Man (di Rian Johnson), con Daniel Craig per la terza volta nei panni dell’investigatore Benoit Blanc. Atipico delitto nella camera chiusa seguito dalla presunta resurrezione della vittima, mescola un cast all-star, come nella tradizione degli adattamenti di Agatha Christie dal glorioso Assassinio sull’Orient Express del 1975, a citazioni esplicite di John Dickson Carr, in particolare da Le tre bare; il tutto con il rigore del miglior whodunit e una pungente ironia che non risparmia l’attuale e forse futura situazione politica degli USA. ![]()
Andrea K. Lanza
Non solo autore di Lia, l’altra faccia dei malavoglia (e della sua recente riedizione Lia Uncut con la nuova copertina by Roberta Guardascione), dal 2026 sarà anche il nuovo timoniere di Edikit Edizioni, con cui promette di stupirci partendo da un'antologia ispirata all'universo Fulci, che conterrà anche un Gaz-racconto inedito. Commentatore di cinema e cultura pop e pulp per il Manifesto, ci propone una cinquina di pellicole e una di libri (anche graphic) da non perdere:
CINEMA - Il buio, la sala e il sangue
1. Sinners - I Peccatori (di Ryan Coogler): In sala eravamo in tre in tutto. Il titolo è assolutamente anonimo, roba da cestoni delle VHS a 9.900 lire tipo uno straight-to-video girato da Craig R. Baxley con Brian Bosworth. Però il film è grandioso, spettacolare e trasuda finalmente cinema: è un musical senza esserlo, un film politico e arrabbiato che pulpizza ancora di più il pulp di Dal tramonto all'alba. Una vera esperienza visiva e narrativa, così avanti da essere per forza un flop.
2. Nosferatu (di Robert Eggers): Uno splendore visivo totale (pur uscito sul finire del '24, NdR), un’esperienza che non provavo da tempo al cinema. Eggers ha sparigliato le carte con un Orlok che non è il solito cliché alla Kinski, ma un vecchio seminatore di morte e peste dall'incedere lento e affannoso. È un film di ossessioni, fame e sessualità che sfida il perbenismo cattolico: l’amplesso carnale di Ellen con il mostro è un abbraccio che possono avere solo gli amanti.
3. Bring Her Back (dei Fratelli Philippou): Un horror domestico cattivo e nichilista. Ti lascia addosso una sporcizia psicologica che non se ne va con una doccia, confermando che i due australiani sanno come mordere alla gola senza usare i soliti mezzucci.
4. Minore (Konstantinos Koutsoliotas): Una perla weird mediterranea fondamentale mentre chiudo il saggio sul cinema greco. Mostri lovecraftiani tra i moli e le taverne greche, con creature analogiche fatte di fango e lattice invece che di pixel.
5. Frankenstein (di Guillermo del Toro): Aspettative altissime e zero delusioni: Del Toro e Netflix fanno di nuovo centro dopo il commovente Pinocchio. Un’operazione che ricorda il Dracula di Besson: Mary Shelley viene contaminata dal marito Percy, postmodernizzando il mito tra Ozymandias e il Prometeo liberato. Non è horror, ma un melò elegantissimo sulla bellezza e sul creatore come vero mostro, tra cromatismi alla Ishioka e toni alla Victor Fleming. Mi ha commosso: forse sto invecchiando o sto diventando figo come Clint Eastwood. Mia Goth? Amore oltre ogni misura.
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LIBRI E FUMETTI - Roma Profonda e Ossessioni Carnali
1. Nightmare in Rome (di Rita Porretto e Silvia Mericone): Ambientata in una Roma del 2045 divisa tra una bolla per miliardari e la distesa tossica di Zuburrah, dove la musica è l'unica forma di resistenza. Un’opera radicale prodotta da Bonelli che mescola distopia e suono, con il tratto nervoso di Casalanguida e il tocco viscerale del maestro Tanino Liberatore. Un'Urbe che implode nel suo stesso spettacolo.
2. Roma de profundis (di Filippo Santaniello): Un'opera che non mi aspettavo. Santaniello gestisce dieci personaggi in una scena con una coerenza rara, regalando un horror non horror che a tratti diventa Fellini o Ferreri, ma sa mordere forte come Malaparte. Ha l’idea degli effettacci alla Lamberto Bava e picchia sul sociale come un Fulci anni ’70.
3. Lovecantropia (di Lilli Romero): Questo non è un semplice racconto, è una possessione lunga, dolorosa ed eccitante. Un mix di eros e orrore dove l'ossessione per una "Dea tatuata" divora e trasforma. Lilli Romero (chiunque si celi dietro questo pseudonimo) ci sbatte in faccia una metamorfosi oscura e carnale, arricchita da illustrazioni senza censura che non chiedono scusa. Roba spicy dove il marcio è tutto nell'animo umano.
4. Viaggio dell'etere / La zona fantasma season 2 (di Junji Ito) Il maestro torna a scavare dove l’orrore fermenta sotto la pelle della normalità. Quattro schegge nate nel vuoto della pandemia che trasformano la paranoia in un’arte disturbante e malata, senza perdere tensione. Tavole che sono tributi al grottesco, capaci di regalare brividi elettrici e una bellezza opprimente. Un volume obbligatorio per chi ha il coraggio di guardare nell'abisso.
5. Fantasmi di oggi (di Mario Gazzola & Andrea C. Cappi): se siete fan di Dario Argento o semplicemente amate le storie che fanno accapponare la pelle, questo libro è un pezzo da collezione imperdibile. Nasce da un'intuizione geniale di Mario Gazzola, che ha deciso di dare vita al mitico saggio citato in Profondo Rosso, trasformando la finzione cinematografica in un oggetto reale e tangibile. La curatela di Gazzola/Cappi è magistrale: sono riusciti a costruire un’antologia che sembra davvero sospesa nel tempo, tra folklore e puro orrore. Ma il vero valore aggiunto è Roberta Guardascione: se la sua grafica e le sue illustrazioni "maledette" sono ormai iconiche, qui brilla definitivamente anche come scrittrice. Il suo racconto, Il mistero del bosco di betulle, dimostra che il suo talento nel creare visioni oscure passa con la stessa, ipnotica forza dai pennelli alla penna. Un lavoro di squadra eccezionale per un libro che è già un piccolo culto!![]()
Due segnalazioni libresche anche by Mario G:
1. La Notte Devastata di Jean Baptiste Del Amo, arrivato come regalo di Natale, è stato avidamente bevuto quasi per intero (417 pagine!) in quattro giorni, cosa rara per un lettore lento come il Gaz: il suo "It francese" sa costruire personaggi profondi con cui si empatizza, senza nulla togliere alla suspense di quando la sua casa maledetta s'insinua nelle loro fantasie e aspirazioni più segrete. Un must!
2. Frammenti di specchi (di Andrea K. Lanza): trentadue anni per condensare queste mostruose meraviglie tra pagine di carta, in cui ogni racconto è un taglio che sa di assenzio, dove thriller alla Fulci e delitti romantici si mescolano in un luna park dell'anima popolato da eterni sconfitti. Prima di vedere la luce, bisogna accettare di perdersi nel buio. Non esitate!![]()
E chiudiamo con la doverosa citazione di almeno due serie tv che tanto han fatto parlare (meritatamente) di sé, lasciando l'attesa di ulteriori stagioni: Welcome to Derry di Andy Muschietti, prequel del suo dittico sul già citato It del "Re del Maine", ed M - il figlio del secolo di Joe Wright, dall'omonimo romanzo di Scurati, brillante rilettura della (anche allora resistibilissima ahinoi) ascesa al potere del "teppista politico" Mussolini, inquietante presagio dell'eterno ritorno che sembra attenderci nell'inquieta Europa (mondo) del XXI secolo.
Auguri e al 2026!
Posthuman Staff