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Venne il giorno e... per fortuna passò in fretta

Written by  12 Jun 2008
Published in Cinema
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Deludente la fine del mondo secondo Shyamalan: il regista non ha il... Sesto Senso dell'apocalisse e l'odissea dell'uomo minacciato da una Natura in rivolta scivola nel mélo familiare hollywoodiano e nei finalini edificanti. Nelle sale dal 13 giugno, ma l'unica iettatura è... vederlo!
Presentazione live su CiaoRadio.

Shyamalan, autore tanto dell'interessante The Village quanto dell'infame Signs, è un regista che si guarda sempre con un misto di curiosità e preoccupazione. Inventore di meccanismi narrativi d'indubbio effetto (il ribaltamento finale del Sesto Senso, benché avesse un precedente nell'inglese Carnival of Souls del '62), ha fatto scuola nei vari The Others, Donnie Darko etc), è però sospettabile di furbizia non sempre onesta nel cercare di epater les bourgeois, non solo coi suoi colpi di scena, ma anche coll'indulgenza sospetta verso il mélo hollywoodiano e gli spiritualismi un po' new age con cui liscia l'anima dello spettatore, illudendolo superficialmente di affrontare i Grandi Temi della Vita, nei quali però scava con una profondità che sta più dalle parti di Paulo Coehlo che da quelle di un Saramago.

Un dubbio che trova ahinoi conferma nel suo ultimo lavoro, il quale sulla carta potrebbe anche smuovere riferimenti nobili, per esempio proprio a Cecità di Saramago (il mondo colpito da una calamità inspiegabile, che punta al surreale e al simbolico: ecco perché la citazione di prima), ma che purtroppo il regista indoamericano affronta con una scrittura drammaturgica che non scalfisce minimamente le potenzialità offerte dall'argomento, riducendosi a servirci un classico filmetto d'azione del sottogenere "Natura in rivolta".

Ora, nel presskit si legge che Shyamalan aveva proprio l'intenzione di ricreare "le atmosfere paranoiche" di certi classici di s/f degli anni '50, tipo L'Invasione degli Ultracorpi (quando si dice puntare alto!), quindi uno si dice 'guarda che non hai capito, è un effetto voluto'.
Però, se il regista apre significativamente il film affermando che dobbiamo imparare ad accettare il fatto che possono verificarsi fenomeni di natura che tutta la nostra scienza non è in grado di spiegare, e poi chiude il film con gli esperti intervistati dalle tv americane che cercano di razionalizzare quanto accaduto... Beh, ti viene il dubbio che lo stesso regista non abbia il coraggio di tenere alta la sfida dell'incomprensibile e del surreale con cui apre la storia. Che accettare l'irrazionale rimane un concetto al di sopra del Cinema Americano (a meno che a farlo non sia gente del calibro di Lynch o Cronenberg).

Se poi lo svolgimento della premessa ricalca tutti gli stereotipi del genere eroe-uomo comune-che affronta l'Inconcepibile-animato solo dal proprio Buon Senso Americano e dalla propria fede laica nella Famiglia e nell'Ammòre che continua a nutrire per la (pur stolida) moglie, la puzza di bruciato comincia a sentirsi a distanza.

Se infine ci mettete che lo spessore dei personaggi (interpretati da attori non particolarmente espressivi, coi loro occhioni perennemente sgranati sull'Incredibile) e delle loro relazioni dovrebbe essere affidato alla crisi che la coppia sta vivendo a causa, udite udite, del "tradimento" di lei cheuna sera ha... preso un dolce con un collega! Ecco, qui il ridicolo involontario viene valicato a passo di carica, anche perché l'immancabile ammissione (nella Famiglia-Ammericana-Che-Si-Ama ci si dice tutto, sapevate?) viene fatta proprio quando il nucleo teme seriamente per la propria vita e per la fine della razza umana. Quando si dice ubi maior... non vi pare?

E non sarà certo il finto finale-da-sequel (diociscampi) coll'epidemia che migra in Europa a toglierci di bocca il gusto stucchevole del Vero-Finalone-Ammericano, col dramma scongiurato e la Famiglia Felice Riunita nella Casetta finalmente sicura (ok, non vi svelo anche l'emozionante sorpresona degli affetti in agguato). Purtroppo, anche l'idiotissima moglie del protagonista la sfanga e arriva alla fine sorridente come dopo aver passato un esame all'università.

Cosa resta dunque dello sforzo di Shyamalan? A mio parere piuttosto poco: qualche scena di suicidio durante il diffondersi dell'epidemia crea un po' d'inquietudine, le persone che di colpo si mettono a camminare all'indietro per esprimere l'ottenebramento della ragione prima dell'impulso suicida è una scelta arguta. E, di certo, gli operai che si gettano dalle impalcature nell'America post 11 settembre fanno il loro effetto (nei cantieri italiani cadono anche senza atti terroristici quindi lo shock si smussa!).
Purtroppo, talvolta il colpo di scena è pure prevedibile (i ragazzini ammazzati dal colono paranoico) e qualche scena di sangue 'forte' non basta a tenere alta la tensione per la durata (fortunatamente).

Alla fine tutte le potenzialità simboliche dello spunto surreale, come anche le ovvie e sbandierate ipotesi terroristiche (nel caso non fossimo riusciti a fare da soli il collegamento), restano sulla carta. E questa Natura che di colpo decide di liberarsi della "minaccia umana" non insinua nelle nostre indurite difese neurali un solo vero brivido, su noi stessi, sul nostro ruolo su questo sofferto pianeta.

Peccato, perché le immagini della metropoli collassata hanno sempre un loro fascino, dal classico Pianeta delle Scimmie a 1975 Occhi Bianchi sul Pianeta Terra fino all''attuale saga dei 28 Giorni-Settimane dopo... tocca concludere Shyamalan homini lupus.
Consiglio quindi, a tutti voi e al regista, di cercare e rivedere proprio Il Tempo dei Lupi di Michael Haneke (2003, c'è un dvd italiano della CVC) per farsi un'idea di come la stessa materia apocalittica - anche senza effetti e scene gore - possa risultare più inquietante nelle mani di un regista europeo, meno preoccupato di spiegare ogni passaggio anche agli idioti, di rassicurare lo spettatore alla fine e di banalizzare ogni tensione. E dire che quello era considerato un film meno riuscito del regista autriaco!

Per un'ironia della sorte (o della strategia di lancio della Fox), il film esce nelle sale nientemeno che Venerdì 13 giugno. Che vogliano farci 'toccare' per il presagio di sventura? Scrupolo inutile, la vera iattura è già il film in sé!

Mario G
(GRAZIE a Cristina L per lo spunto sul grande Saramago, in attesa di ospitare presto un suo articolo letterario)

 


N.B.: venerdì 13, se non accade l'apocalisse, potete ascoltare la presentazione live di Mario durante la puntata di Il Cinema alla Radio di Debora Montanari, alle 14,30.
Ascoltate CiaoRadio su FM 90,100 o 91,200 nell'area di Bologna. Oppure in streaming QUI.

Last modified on Monday, 23 June 2008 09:44
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