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NON COME NOI

Written by  08 Jan 2007
Published in Progetti
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Racconto scritto da Mario Gazzola per il concorso SpaceWave del Festival Arezzo Wave edizione 2006, partendo da un incipit di Guiampaolo Simi e pubblicato qui per gentile concessione del Festival e dell'autore citati.

– Abbiamo novità? – chiese Espinoza.– Il soggetto 1 continua a emettere ronzii ininterrotti su una frequenza base intorno ai 4 khz. Il soggetto 2 ha ripreso a scrivere sequenze di numeri a 18 cifre. Sono tutti numeri primi, abbiamo controllato e… L’assistente cominciò a tossire con violenza, piegandosi in avanti. Espinoza versò dell’acqua giallastra in un bicchiere di alluminio e guardò l’alba esplodere oltre i vetri opachi. – Grazie.– Numeri primi, sì… altro?– Il soggetto 3 – disse l’assistente, con un filo di voce. Posò il bicchiere e, prima di riprendere a tossire, lanciò a Espinoza un’occhiata di muto ribrezzo.(Giampaolo Simi) –

Dobbiamo smettere di bere l’acqua del sistema idrico interno, dottor Lansdale, credo che i depuratori siano andati e la neve è radioattiva. Raccoglierò tutte le bottiglie d’acqua minerale rimaste e vedremo che autonomia abbiamo. Lei continua a prendere gli omeofarmaci per le difese immunitarie?– Sì, professore. Speriamo…– Bene. Cosa fa allora il soggetto 3? – Niente. Non fa niente. Resta immobile e fissa gli altri due come se fosse assente. Ma… – Cosa le fa tanto schifo allora? Ha una faccia…– Non so… fa mi impressione. Li fissava come insetti in un vaso, con odio. Dopo ha cominciato a gorgogliare… schiumava dalla bocca, sempre stando immobile e fissando, prima loro, poi noi… Non so cos’ha, solo non vorrei mai restare da solo in laboratorio con lui.– Non sarà necessario, mi pare. Siete in due a monitorare le evoluzioni degli esperimenti, no? E in fondo, innesti a parte, loro non sono che uomini, come voi. Gli altri due reagiscono?– No, ciascuno ignora gli altri e continua come fosse solo. Uno ronza, uno scrive e uno fissa. Stop.– Va bene, osservateli anche dai monitor, stando fuori dalla sala. Lasciateli agire spontaneamente. Radunate le bottiglie buone, io prenderò lo snow-scooter per vedere se dalla stazione radar riescono a farci mandare rifornimenti d’acqua, farmaci e nuovi depuratori. Ci rivediamo nel pomeriggio, buon lavoro.

Espinoza s’avvio verso il magazzino del centro ricerche con la decisione che metteva in ogni atto. Non lo rividero fino a sera. Quando entrò trafelato, il dottor Lansdale aveva appena vomitato ed era del colore giallastro dell’acqua dei rubinetti. Lo assisteva la dottoressa Fukuyama.– L’ha bevuta ancora? – chiese Espinoza brusco. Finalmente rivelava sotto la consueta scorza un po’ di stanchezza, normale per la sua età.– Le bottiglie nei refrigeratori sono finite – rispose la donna – e i suoi farmaci hanno effetti sempre meno duraturi. Lei cos’ha trovato?– Quattro taniche d’acqua distillata. Alla stazione radar stranamente non c’era nessuno e non ho potuto inviare messaggi alla base ma ci basteranno fino al prossimo rifornimento.  All’esterno era ormai buio pece da ore. 40 gradi di tenebra sottozero. – Perché ha anche lei quella faccia da moribonda, dottoressa? Disse subito dopo, osservandoli – Preoccupata per Lansdale? – No, professore, non è solo quello. – rispose la Fukuyama.– Come si comportano i nostri tre amici?– E’ quello il punto.– Cos’è accaduto?– Il 3 se n’è stato immobile per ore, sguardo fisso, a gorgogliare. Finché il ronzio dell’1 s’è fatto più acuto, stridulo, davvero fastidioso.– Allora?­– All’improvviso 3 s’è avventato su di lui e l’ha fatto a pezzi. Dilaniato in un batter d’occhio: l’abbiamo visto dai monitor, sangue dappertutto… uno scatto da predatore, senza una parola… Mostruoso. – Le tremavano le labbra.– E l’impianto di esoscheletro, non l’ha protetto? – L’ha stracciato come la stagnola di un cioccolatino. – E poi l’ha… divorato? – chiese Espinoza con una curiosità che la inquietò ancor di più.– No, aveva appena mangiato la sua razione.– Carne di vitella argentina?– Quella. – s’inserì Lansdale – Bovini sudamericani nutriti a sintograss!– Non faccia l’ecologista da manifestazione, Lansdale! – lo rimproverò Espinoza – E’ la stessa roba che mangiamo anche noi. – Che consolazione…–  Ma noi non ci sbraniamo a vicenda. Adesso dov’è il corpo?– L’abbiamo ricomposto alla meno peggio in sala operatoria – rispose la Fukuyama.– E il 3?– Fuggito lungo il corridoio, perso nel buio. Ha fatto saltare molte luci.– L’avete lasciato andare così…?– Doveva fermarlo lei – intervenne sarcastico Lansdale. Il laboratorio spiccava nella distesa di neve sporca come l’unico lumicino acceso nel grande cimitero dell’era neoglaciale. – Avete continuato a seguirlo sui monitor?– Sì, finché non ha accecato tutti quelli del settore B.– Ora è là?– Lo pensiamo, ma non possiamo seguire i suoi spostamenti. Per quel che ne sappiamo, potrebbe anche essere dietro quella porta – rispose indicando l’uscita del laboratorio.{mospagebreak}

Espinoza fissò la porta socchiusa sul corridoio buio in fondo alla sala con fastidio. Poteva essere per la prima volta un’espressione di paura, benché ben controllata. Sospirò senza dir nulla. – Voglio vedere il soggetto 1. Vado in sala operatoria. Cercate di tener d’occhio il 3 sui monitor, non vorrei che uscisse all’esterno. Li lasciò, evitando d’incrociare i loro sguardi terrorizzati. Percorse i cunicoli male illuminati verso la piccola sala operatoria sotterranea, cercando di non pensare al rischio che il 3 fosse ad attenderlo dietro ogni angolo. Poi si concentrò sull’analisi della salma martoriata.

Rimase in sala per quasi tre ore. Mentre stava tornando alla sala monitor, trillò il suo cercapersone. Dopo un attimo sentì le voci. – Professore! Professoreeeeeee…!– Che c’è? Cosa succede?! – Oddìo, vengaaa!– Per il 2? È nel suo alloggio? – No… non più. – la Fukuyama quasi crollò.– E’ stato lui?Annuirono – Cinque minuti fa.– Ma non era isolato nel B?!– È calato dal condotto dell’aria riciclata. Il 2 continuava a scrivere come un autistico. Era arrivato a una sequenza di 72 numeri primi. L’assistente esplose in un violentissimo accesso di tosse, espettorando una schifosa bava giallastra sul pavimento macchiato di sangue. – E neanche questa volta siete intervenuti?! – riprese furibondo Espinoza.– So che non è bello, professore – spiegò la Fukuyama – e neanch’io me lo spiego razionalmente: ma non riuscivamo a staccarci dal video per correre di là e intervenire…  Un rumore improvviso li fece sobbalzare tutti. Sembravano barili fatti rotolare in un corridoio distante. L’eco sorda diresse di scatto sei occhi sui monitor. Tutti gli spazi ripresi sembravano vuoti e tranquilli. – Dove ti nascondi…? – disse fissando lo schermo muto. – Ha dilaniato allo stesso modo anche il 2? – il professore finse autocontrollo.– No, stavolta… se l’è presa comoda – spiegò a fatica Lansdale, che s’era leggermente ripreso. Gli ha strappato i connettori al sistema di fotosintesi clorofilliana guidata e l’ha tirato su dalla vasca in cui i suoi piedi si stavano radicando (tra l’altro il processo stava procedendo a meraviglia). Mentre quello boccheggiava, gli ha strappato le braccia. Come si staccano le ali a un insetto. Poi è rimasto lì a guardarlo.– Gli schizzi di sangue arrivavano fino al soffitto – aggiunse la Fukuyama, occhi bassi – hanno sporcato persino l’obiettivo di una videocamera.– Dio…– Sì, non avevo mai visto una cosa così.  Un lampo. Un battito di ciglia. Espinoza si voltò di scatto. Restò un istante a fissare il ballatoio deserto sopra le loro teste. Poi riprese come niente fosse. – …E non siete accorsi mentre lo guardava dissanguarsi? – A quel punto abbiamo provato, ma aveva sbarrato l’accesso al settore degli alloggi. Non abbiamo potuto far altro che seguirlo dai monitor e registrarlo… mentre lo faceva.–  E com’era lui? Vi sembrava, come dire… “soddisfatto”?– Di più. Quel mostro godeva – sentenziò amaro Lansdale. Espinoza non aveva detto niente per non diffondere il panico nei due assistenti già tesi.

{mospagebreak}Per un istante gli era perso di veder saettare un’ombra sul ballatoio. Ma non ne era sicuro. – Anche questo non l’ha mangiato?– L’ha come… “assaggiato” – puntualizzò Fukuyama – ma prima l’ha… violentato. – disse, mentre inseriva un videodisco nel lettore. Di nuovo riabbassò gli occhi, come sentendosene in colpa personalmente.– Non ricordavo, il 2 era… una femmina, dottoressa? – chiese Espinoza.– Era ermafrodita, ma guardi lei stesso – la donna avviò la registrazione della scena dal circuito di videosorveglianza. – L’ha preso grugnendo come una bestia, mentre quello si dissanguava dai moncherini e rantolava. ­Espinoza aprì la bocca senza riuscire a dire niente. Istitntivamente si coprì gli occhi. ­Il video mostrava ora il soggetto 3 finire il 2, spezzandogli l’osso del collo con un colpo secco. Poi sbranarne parti del collo, dell’addome e delle natiche. Infine, lasciarlo lì come un avanzo, come avesse perso interesse nel pasto crudo. E scomparire deglutito dallo stesso condotto che l’aveva sputato. – Forse la clorofilla che aveva in corpo era meno… gustosa del vecchio sangue – commentò sulfureo Lansdale. – Professore, posso farle una domanda?– Sì, certo…– Lei cos’aveva dato al 3, prima di lasciarlo, ieri mattina?– Il solito bicchiere di soluzione Snuffy. Come ogni giorno, alla stessa ora. Nient’altro.– Nessuna integrazione alimentare specifica?– No: bistecche argentine, zuppa di miso e fitoplancton. Razioni come le nostre.– E non gli ha praticato alcun altro intervento invasivo?– No, dopo gli innesti biomeccanici sulle braccia che gli hanno dato quella forza, nulla che non sia già registrato nella documentazione sugli esperimenti.

Gli speaker del sistema monitor diffusero un suono agghiacciante: un urlo selvaggio, barbarico. Una belva in caccia. – Ha rotto i video ma non i microfoni – commentò il dettaglio minore Espinoza, cercando di non farsi tremare la voce. – …Professore…– Dica, dottor Lansdale.– Avevamo delle armi qui al laboratorio… vero?– Sì, mi pare ci fosse una rastrelliera con un paio di fucili nel magazzino, per i cani selvatici.– Bene. Se la Fukuyama resta qui… – biascicò – noi possiamo recuperarli. Quanti sono i tratti non coperti dai video…?– Per favore… non lasciatemi qui da sola. Non sappiamo dov’è… lui.– Ok, vada lei col professore. Per come sto, meglio sedere ai monitor. Mettete gli auricolari, vi avviserò se lo vedo su uno schermo. Fukuyama gettò un’occhiata ai monitor. – Eccolo! – gridò – È nel corridoio… B7!– Lansadale, blocchi le porte del corridoio tra B6 e B8! – ordinò il professore – Subito!– Sì – rispose l’assistente cercando freneticamente il comando giusto sul pannello di controllo accessi. – Dio, quali sono?!– Sta venendo qua!– Andiamo, blocchiamo le porte a mano! – Espinoza si lanciò di corsa verso la porta della sala e Lansdale lo vide apparire sul monitor del corridoio.

Fukuyama, più giovane, lo raggiunse e lo superò strappandogli di mano la sbarra di ferro con cui sprangare la porta del corridoio. Lansdale vedeva sul video il soggetto 3 correrle incontro schiumando. Venti metri.Quindici.Un tasto schiacciato a caso dal giovane alla console sigillò ermeticamente la porta B7àB8. A otto metri l’uomo sparì in un altro condotto d’aria. – Cristosanto! – esclamò Espinoza sigillando la porta della sala monitor – non è possibile che in tre siamo assediati da un uomo solo! – Lei non l’ha ancora visto in azione. Provi a parlargli, c’era uno che parlava coi lupi, dicono…– La pianti Lansdale, torni scienziato!– Va bene, professore. Allora, da scienziato, ci dica cosa c’era dentro la dannata soluzione Snuffy. – Niente, Lansdale. Non c’era niente. Solo acqua, integratori vitaminici e qualche goccia d’alcool per dargli un sapore da medicinale. Era un puro placebo.– Perché?– Per osservare se le reazioni di un uomo cui non era stato praticato alcun intervento, a parte la ricostruzione delle braccia, sarebbero state diverse o simili a quelle di individui i cui organismi avevano subito le modificazioni radicali che sapete. Poi, professore e donna s’incamminarono lungo l’intestino buio del laboratorio, uno stretto corridoio in lamiera metallica corrugata che conduceva verso l’ingresso principale.Passi. Frettolosi. Quasi di corsa.  – Ma… allora da dove ha tratto questa carica aggressiva, il 3? –sussurrò la Fukuyama camminando svelta.– Dal suo cervello – concluse Espinoza lapidario. – Come fa la razza umana da che mondo è mondo, no? Respiri affannosi, nelle cuffie di Lansdale. Battiti cardiaci in accelerazione, nelle tempie del professore e della giovane donna. – Ma… perché?– Per un sacco di buoni motivi, temo. Per imitarci: ha compiuto “esperimenti” sui suoi simili 1 e 2 come abbiamo fatto noi. E ora gioca con le nostre vite come noi abbiamo giocato con le loro. Espinoza ansimava affaticato. La paura lo mostrava anziano come non era mai apparso. – Una forma di vendetta delle cavie… – disse la donna.– E, come avete potuto osservare, anche un grande piacere.

Perché la vittoria violenta sull’altro dà forza e vitalità, com’è stato per tutta la storia dell’umanità, da Caino ai cannibali, dai nazisti ai marines.– Ma allora – riprese la Fukuyama – se lui è esattamente come noi… Espinoza aprì il boccaporto che sigillava il laboratorio. Di fronte, sfocato dalla nebbia gelida, a non più di 25 metri, stava il magazzino con le armi. Avanzò di un passo nella neve sporca. Ma fianco a lui, contro la luce violacea di un’alba indifferente, torreggiava il soggetto 3. Si girò e rimase impietrito davanti a lui. Le grosse mani biomeccaniche reggevano un fucile, che l’uomo aveva piegato ad angolo retto. Lo aspettava calmo. – Non è più proprio come noi – fece in tempo a dire il professore, fissando immobile la silhouette del soggetto 3. – Lui adesso ha braccia per fare quel che pensa. Poi calò il buio.

Last modified on Tuesday, 09 January 2007 10:04
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