Un gatto parlante sull'Arca di Noè, sul finire del biblico Diluvio. Un animale fin troppo astuto per essere una... "normale bestia". E' la situazione che alimenta il racconto di Michele D'Angelo.
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L'autore, Michele D'Angelo appunto, è nato a Verbania nel 1980 e vive temporaneamente a Busto Arsizio, luogo perfetto per nascondersi dai piccoli felini che pare gli diano una caccia ferrata per aver svelato le loro "sovrannaturali" trame.
Con il divertente racconto-denuncia "It's Raining Cats... Hallelujah!" che finalmente squarcia il velo, e con cui spera di risvegliare le coscienze e scatenare la rivoluzione contro il subdolo oppressore, debutta su Posthuman offrendoci la sua vena narrativa: un fantastico ricco di humour surreale alla Douglas Adams.
Il racconto sarà pubblicato in quatrro puntate successive, di cui la prima inizia di seguito. Buon divertimento.
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Erano ormai passati i terribili quaranta giorni e le spaventose quaranta notti. Da mesi ormai vagavano in un mare senza fine, confidando nell'intervento benevolo del Signore. In uno degli angoli più profondi e bui della stiva della sua panciuta Arca, Noè fissava lo strano animale nascosto in penombra come se avesse visto il diavolo in persona.
- P... prego? – domandò un'altra volta, giusto per assicurarsi di non essere diventato completamente pazzo. Andava bene udire la gloriosa voce di Dio onnipotente, ma quello era davvero troppo.
- Ho detto, che hai da guardare? – ripeté il gatto con aria seccata, continuando a fissare davanti a sé.
Noè lasciò cadere il sacco con il cibo per le quaglie e fece un passo indietro, stringendosi il petto per evitare che il cuore prendesse a saltellare da solo per tutta la stiva.
- Per l'Onnipotente! Tu parli! – sputacchiò, fissando il gatto con occhi spiritati.
- Sono certo che tu sia famoso tra i tuoi simili per il tuo acuto spirito d'osservazione... – commentò l'animale, grattandosi distrattamente dietro l'orecchio con la zampa posteriore – ebbene sì, parlo.
Noè era sconvolto. Non solo non aveva mai visto un animale simile, ma era assolutamente certo che il Signore avesse dato il dono della parola soltanto agli uomini.
La bestiola era in penombra, ma si notavano chiaramente il pelo tigrato e corto, i lunghi baffi e i due grandi occhi gialli, a fessura, che si sollevarono improvvisamente per incrociare lo sguardo incredulo del vecchio.
- Prenditi tutto il tempo che vuoi, uomo. – disse – Sono certo che uno come te, che sente parlare dio, non avrà difficoltà ad abituarsi anche a me.
Noè cercò di calmarsi, ma un capogiro le fece sedere sul pavimento con la stessa grazia del sacco di mangime per quaglie.
- Da dove vieni, piccola creatura? – domandò poi, quasi timoroso – Ti manda l'Onnipotente?
Quello strinse gli occhi e soffiò minacciosamente. – L'onnipotente? Bah! - sbottò, poi distolse lo sguardo e calmò la propria irritazione con uno sforzo evidente. - Sì, potremmo dire così. In un certo senso.
- Sei un suo inviato, quindi?
- Non direi proprio. – il gatto si arrotolò la coda intorno alle zampe, agitando la punta a destra e a sinistra, nervoso.
Noè sbiancò per la paura. – Sei forse il demonio? – mormorò, sull'orlo di una sincope.
Il gatto sollevò un sopracciglio, perplesso. – Ti sembro un demonio?
- No. – ammise Noè – Ma è anche vero che non ne ho mai visto uno. Tu potresti esserlo, con quegli occhi gialli e minacciosi...
- Non sono affatto minacciosi. – precisò il gatto – Schifati, forse. Supponenti, irriverenti e autoritari, sì. Ma non minacciosi. E comunque no, non sono un demonio.
Noè si alzò, tossicchiò un paio di volte e riprese il controllo di sé. - No, è vero. Se tu fossi un demonio l'Onnipotente non ti avrebbe mai e poi mi permesso di salire sulla mia Arca.
- Ehm... sì. Se lo dici tu. – il gatto sbadigliò fin quasi a slogarsi la mandibola, poi si mosse verso il vecchio e gli sfiorò una gamba. Noè si ritrasse, rabbrividendo al contatto.
- Non... non ho mai visto un animale come te, prima d'ora. – ammise – Cosa sei?
Il gatto distolse lo sguardo e annusò il bordo di una cassa di provviste.
- Faccio parte di una razza che viene da lontano, uomo. – spiegò – Ci chiamiamo Gathonoidos'shavar ut'Daraki, ma in via del tutto eccezionale puoi chiamarci Gatti. Abbiamo notato che voi esseri inferiori avete un'estrema difficoltà a pronunciare il nostro nome correttamente. Una cosa decisamente irritante...
- Ga... Gatti? – ripeté Noè, guardandosi nervosamente intorno – Mai sentiti nominare. Vuoi dire che ce ne sono altri come te, qui?
Il gatto scosse il capo, osservando Noè di sottecchi. – Non nella barca, no. Sono solo.
Il vecchio si sentì ferito nell'orgoglio e si erse con tutta la sua imponenza. – Questa non è una “barca”! – sbottò – E' l'Arca del Signore! Porta un po' di rispetto!
- Abbassa la cresta, scimmia. – Il gatto sollevò un sopracciglio, divertito – tutta questa tracotanza non ti si addice. E poi di che Signore stai parlando? Quello che ti ha parlato dal cielo?
- Proprio quello! – ruggì lui, gonfiando il petto.
- Lo stesso che vi ha trucidati quasi tutti con una gigantesca inondazione? Quel Signore?
- Mmm. Beh, sì... – rispose Noè, questa volta con meno convinzione. Era assurdo da pensare, ma sembrava che quell'animale si stesse in qualche modo prendendo gioco di lui.
- E non hai mai... che so... pensato che potesse non essere un dio a parlarti? – domandò il gatto, vago.
- Bestemmia! – urlò Noè, paonazzo. Le sue grida agitarono gli animali e attirarono i tre figli del vecchio che erano nei paraggi a sbrigare le estenuanti faccende quotidiane. I giovani uomini giunsero di corsa, trafelati.
- Padre! – urlò Sem.
- Padre! – urlò Cam.
- Che cazzo è quello? – urlò Jafet, indicando il gatto. La sua impulsività gli procurò un violento scappellotto sulla nuca da parte del padre.
- Jafet! – sbraitò il vecchio – Bada a come parli nell'Arca di Dio!
- Scusa, papà. – mormorò quello, contrito – Ma quell'animale non l'avevo mai visto prima d'ora. Sembra... sembra un leoncino in miniatura!
Il gatto soffiò e inarcò la schiena, provocando un'impennata nel livello di prudenza tra Noè e i suo figli.
- Non paragonarmi a quei bietoloni troppo cresciuti, per favore. – disse poi – Le somiglianze tra noi, i leoni e le tigri sono assolutamente casuali.
- Padre! – esclamò Cam – Questo animale parla!
Il gatto gli lanciò un'occhiataccia. – Anche tu, mi pare. E la cosa dovrebbe stupire me, non te.
In lontananza la coppia di elefanti iniziò a barrire con forza, dando il la ad un concerto di dissonanze animali per scimmie e orchestra. Le mogli di Sem, Cam e Jafet arrivarono vociando, lamentando la mancanza di dedizione al lavoro dei rispettivi mariti ed elencando innumerevoli faccende ancora da sbrigare.
- Che fate qui, voi tre? – sbottò la moglie di Sem.
- Se avessi saputo che avrei dovuto lavorare come una schiava per mantenere un branco di stupide bestie avrei preferito affogare. – osservò la moglie di Jafet, incrociando le braccia.
- Porta rispetto! – sibilò Cam – Sono comunque creature di Dio!
- Guarda che io non mi riferivo agli animali. – puntualizzò lei.
- Piuttosto... - fece la moglie di Cam, interrompendoli – … che tipo di adorabile animaletto è, quello?
Le altre seguirono lo sguardo della donna e incrociarono gli occhi gialli del gatto. Quello emise un verso pigolante che suonava vagamente come “Mao” e subito le tre mogli si tuffarono su di lui, squittendo amorevoli. Lo presero in braccio e lo accarezzarono a turno, sotto gli occhi esterrefatti di Noè e dei suoi figli.
- Visto? – fece il gatto, rivolgendosi a loro. Le mogli sobbalzarono dalla sorpresa e lo lasciarono cadere sull'assito, dove atterrò agilmente e senza scomporsi.
- Questa è l'arma più terribile della mia specie. E la useranno contro di voi, uomini. Ah, se la useranno! Dovreste prepararvi ad affrontarla.
- Arma? – borbottò Noè, incapace di comprendere – Quale arma? E chi la userà contro di noi?
Il gatto stava per rispondere, quando l'Arca iniziò a tremare e si udì un boato. Noè e gli altri caddero a terra, mentre tra gli animali si faceva largo il panico, come un incendio tra le sterpaglie.
- Dio Onnipotente! – tuonò Noè – Se siamo tutti qui, chi sta manovrando l'Arca?
- Non c'è niente da manovrare, padre! – obbiettò Cam, aiutandolo a rialzarsi – C'è solo acqua, qui! Acqua in tutte le direzioni e l'Arca segue le correnti!
- Sem! – chiamò allora il vecchio – Allo scandaglio! Jafet, raggiungi il timone! Tu, Cam, controlla gli animali!
- E noi? – domandò la moglie di Sem.
- Voi? Voi... fate le vostre cose da donne! – tagliò corto. All'epoca le donne non venivano prese molto in considerazione ed era già molto che Noè non avesse dato loro la colpa dell'incidente.
Il gatto seguì pigramente Noè sul ponte dell'Arca e ammirò la vastità dell'oceano tutt'attorno.
- Avete proprio un bel pianeta, comunque. – osservò, mentre Noè seguiva febbrilmente suo figlio Sem mentre calava la fune dello scandaglio – Peccato tutta questa acqua.
- L'Onnipotente ritirerà le acque quando sarà il momento – commentò distrattamente il vecchio, parlando come un automa – e noi ripopoleremo la terra! Così ci è stato promesso.
Il gatto si leccò i baffi, divertito. – Sul serio? E' quello che ti ha detto il tuo dio?
- Precisamente.
- Immagino che abbia tralasciato di discutere tutti i problemi genetici derivanti da una prolungata endogamia, dico bene?
Noè gli scoccò un'occhiata infastidita. – Non capisco di che parli.
- Davvero hai creduto che tre coppie di esseri umani potessero ripopolare la terra? – continuò lui, sarcastico – I figli di Cam sposeranno quelli di Sem, cioè i loro cugini e via dicendo?
- Il Signore provvederà, stolta creatura! – sbottò il vecchio, nervoso.
- Sono certo che provvederà. Anzi, a dire il vero ha già provveduto... a stivare migliaia di umani nelle nostre navi in orbita. Non appena il raggio espansore verrà invertito le acque torneranno alla normalità e gli esemplari verranno depositati nuovamente a terra per ricostituire la razza umana. Lo stesso avverrà per gli altri animali. E fortunatamente, direi. Se fosse stato per te avremmo perso per sempre l'ornitorinco, il koala e il canguro.
Noè lo fissava con occhi sgranati, incapace di comprendere appieno ciò che il gatto gli stava confessando.
– Che c'è, tu e i tuoi figli pensavate davvero di essere gli unici meritevoli di salvezza? – chiese il gatto, sornione – Ammesso che di salvezza si tratti, ovviamente. Dal mio punto di vista per voi sarebbe stato meglio affogare...
Sem, che non stava ascoltando la conversazione tra i due, afferrò il braccio del padre, allarmato. – Papà, il fondo è bassissimo, qui! Rischiamo di incagliarci!
Noè reagì prontamente, portò le mani a coppa davanti alla bocca e gridò: – Jafet! Vira a dritta, presto! – indicò.
Jafet, che fino alla stagione precedente si era occupato esclusivamente di pascolare le pecore, sgranò gli occhi e afferrò il timone, in preda al panico.
- A dritta? E che vuol dire? – urlò.
FINE PRIMA PARTE